In seguito all’enorme successo di At the Heart of Winter, a tutt’oggi una delle pietre miliari della discografia della band, gli esordi del terzo millennio sancirono l’inizio di una sfida notevole anche per un combo rodato come quello dei norvegesi Immortal: tornare sulle scene dopo un solo anno, con una produzione che, dopo un tale risultato, potesse confermare di essere all’altezza delle aspettative del pubblico e della critica. Tuttavia, le ansie e le speranze riposte nel trio scandinavo dai moltissimi fans sparsi in tutto il mondo si infransero parzialmente quel 5 aprile 2000, data di pubblicazione di Damned in Black. Sia chiaro, ancor’oggi ci sono probabilmente centinaia di band black, più o meno note, che svenderebbero qualsiasi cosa per poter avere la chance di pubblicare un album come questo: registrato agli Abyss Studios (il nome di Peter Tågtgren vi dice nulla?), in soli 36 minuti, questo full-length riesce a estrarre dal cilindro buoni brani come l’elegante opening track Triumph, ricca di spunti strumentali, soprattutto a livello di varietà di riffing e la fredda e convincente The Darkness That Embrace Me, un vero e proprio tributo di Abbath e soci all’inverno e al gelo, arricchito da passaggi di synth profondamente atmosferici.
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Disco 1
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