Lucia Berlin non si vergognava di nulla. Né io avevo mai letto un'autobiografia scritta a episodi, alcuni assai brevi e singolari, molti vagamente romanzati, ma tutti pieni di una vita tempestosa, vissuta intensamente e narrata in modo freddo, quasi alla Richard Matheson. Dentro le storie di La donna che scriveva racconti ci sono tutte le tragedie che si possano immaginare: i tentativi di disintossicazione dall'alcool, alcuni dentro casa con i figli che le nascondono i soldi e altri in posti dimenticati da Dio e dall'uomo; un tentato aborto in Messico; l'aborto provocato dalle botte del compagno tossico; le molestie di un ricco rampollo pedofilo e del nonno; la chemioterapia della sorella; ma in questo volume, a condividere le tragedie della Berlin, ci sono anche tante persone indigenti e ignoranti. Forse la confessione più intima di Lucia riguarda l'incesto: ammette di essere stata gelosa della sorella minore quando questa è diventata l'oggetto delle attenzioni del nonno. Qui la Berlin tira fuori una verità scomoda e confessa che, da bambina, le molestie la rendevano gelosa ed eccitata; solo la mediazione dello zio adulto e, almeno da questo punto di vista, responsabile (ancorché alcolizzato), le fece capire che la violenza è tale anche quando suscita reazioni impreviste. Sono ormai pochi i libri che trovo irrinunciabili, ancora meno quelli che ritengo validi compagni di vita e casi eccezionali quelli che penso contengano insegnamenti utili a rendere meno traumatico l'approccio alla malattia, alla solitudine e alla tomba. Questo è uno di quei libri.
La donna che scriveva racconti
Lucia Berlin ci presenta in tanti piccoli quadri i suoi indimenticabili personaggi: un vecchio indiano americano incontrato in una lavanderia; una ragazza giovanissima che scappa da una clinica di aborti per ricche americane; un'insegnante gay; una domestica che ritrae, lapidaria ma benevola, le «signore» (e anche qualche «signore») per cui lavora. Una vita difficile, quella di Lucia Berlin, tormentata dalle conseguenze della scoliosi, da matrimoni sfortunati, dalla povertà, e dai lavori tipici degli americani senza radici: ma le esperienze di centralinista, domestica, insegnante precaria o infermiera, e di madre single, forniscono all'autrice un materiale prezioso per raccontare se stessa con eccentrico, personalissimo talento e una scrittura chiara, essenziale, imprevedibile e ipnotica come la musica jazz.
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Anno edizione:2022
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La vita di una donna, della sua famiglia difficile e complicata, dei suoi amori sbagliati, si snoda nei tanti racconti raccolti in questo libro. Tra Cile, Messico e Stati Uniti la bambina diventa donna e affronta prove durissime passando attraverso l'alcolismo, uno stato di salute precario, lavori saltuari, per niente stabili e faticosi. Guarda se stessa e il Paese che ha attorno, ricorda e racconta fin nei minimi, preziosi dettagli. Leggendolo vieni preso per mano e portato fin dentro luoghi e situazioni che tante volte hai avuto la sensazione di vivere al cinema, con l'america senza il suo sogno, ma la sua dura realtà.
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Claudio Bernardi 07 marzo 2017
Quarantatré racconti, datati dal 1977 al 1999, della statunitense Lucia Berlin (1936-2004): una raccolta splendida. Parafrasando Vassalli - “la poesia è vita che rimane impigliata in una trama di parole” -, ecco, in questi racconti, nelle parole incisive della Berlin, è impigliata vita vera, dura perlopiù: la sua stessa vita, di donna dalla “natura tenebrosa”, dall'ambiente famigliare difficile, dalla dipendenza alcolica. Sono racconti brevi - uno di mezza pagina -, limpidi, forti: racconti che ti arrivano dentro come frecce, sempre a bersaglio.
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