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Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2012
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“Puoi pensare al mio racconto come a una confessione”, si legge nell’incipit, e già il lettore si sente coinvolto nelle vicende. Siamo in un momento ben contestualizzato: nel 1690 la schiavitù è agli inizi e i piantatori sono avidi di affari legati alla forza lavoro. Le persone iniziano a classificarsi in “europa”, superiori, o “noneuropa”, inferiori. Eppure sarebbe riduttivo raccontare solo di questo. Morrison inserisce numerosi temi, come la religione (negli scontri tra fedi differenti), o la questione femminile (nelle vessazioni nei confronti delle donne), o la maternità (nel dolore di perdere i figli e cercare di sostituirli senza successo). Infine è lo stile a colpire: ogni capitolo sembra essere dedicato a un personaggio diverso, in base al quale la penna dell’autrice cambia, dai monologhi più infantili alle digressioni più consapevoli. E infatti questo romanzo è anche un grande mosaico di personaggi: Florens, Lina, Rebekka, Sorrow, e altre donne forti che raccontano la propria storia.
America, fine Settecento. Dominano violenza, pregiudizi e oppressioni e il commercio degli schiavi provoca grandi sofferenze. La protagonista è Florens, figlia di una schiava, che viene data in cambio dell'estinzione di un debito, con la speranza che possa avere comunque una vita migliore. La rinuncia della madre è un atto di profondo amore verso la figlia, di misericordia e salvezza, ma la piccola Florens non riuscirà mai a colmare questo vuoto causato dall’abbandono. Questo romanzo mi ha colpita, trasmette una profonda tristezza e tutto l’orrore e la sofferenza di quel tempo, ma contemporaneamente mostra l’instancabile voglia di vivere, e tutta la forza che può generare l’amore.
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