Il senso immediato di questo romanzo è quello della precarietà che investe personaggi, situazioni, storie e perfino la temporalità e i luoghi dove si svolgono i fatti. Sono vite sospese sul filo dell'Eternità, che ondeggiano in uno spazio indefinito, senza età, senza luoghi precisi, laddove l'assenza di stabilità fornisce quasi un alibi ai comportamenti non consoni che mettono in dubbio l'affidabilità delle persone stesse. La continua ricerca di dare un senso logico alle proprie esistenze non fa che ampliare quel raggio di incompletezza, ad ognuno manca sempre qualcosa, l'amore, l'amicizia, il denaro, gli appoggi sociali, etc., sostanzialmente i propri punti di riferimento che sulla falsa riga danno sollievo al pensare che raggiungendo il proprio scopo o le proprie mete, gli animi possano placare le ansie del mal-vivere proprio e sociale. Ma il romanzo sottolinea, soprattutto, quanto la debolezza umana è fragile nel suo vivere quotidiano, pronto a soccombere alla compromissione, politica, danarosa, alle droghe, ai tatuaggi, al mettere un “Io” in un corpo sbagliato se non addirittura, in una mente errata, che rifiuta ma al tempo stesso accetta il compromesso di viverci dentro. Dopotutto non sempre la stabilità comporta un quieto vivere, essa “obbliga” ad avere o meglio, “a pretendere” delle aspettative da parte di chi riteniamo affidabili, nell'inconsapevolezza che questa invece porta ad una prigionia del proprio “essere”, una sorta di ambiguità shakespeariana nel non saper dove “stare”. D'altronde l'unica cosa stabile e certa è la morte, quel conto sospeso che abbiamo dalla nascita e che, giunto il momento, dobbiamo saldare lasciando a chi rimane spiccioli di ricordi sfumati. La scrittura del romanzo lascia una traccia filosofica ben visibile e intuibile, quasi a smussare quella spigolosità delle brevi ma concise frasi secche, che non danno via di scampo, non fanno sconti e non danno scelta, con punte di vena poetica quasi a voler lasciare un retrogusto di dolcezza in tanta amara verità. Solo alla fine del romanzo le ambiguità iniziali prendono una forma consistente di una vera fuga dal Caos creato dalle di-socievolezze del proprio “stare”, i luoghi prendono un nome, i tempi si concretizzano nella prima e vera temporalità, non a caso in una primavera, una stagione che rimanda alla rinascita, di un “se stesso”, di un “esserci” in un corpo giusto, in una mente libera da equivocità, in quell'aspettativa che il lettore si sente in diritto di avere, non tanto per il classico “lieto vivere” ma per un giusto ritrovarsi nella propria temporalità esistenziale.
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Informazioni:
Rimanenza di magazzino, libro nuovo che presenta lievi imperfezioni di copertina.
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Anno edizione:2014
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In commercio dal:31 dicembre 2014
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