Il saggio parte dall'epoca di Pietro il Grande con un alternarsi di visioni differenti su come rapportarsi all'occidente , modello a cui ispirarsi o da rifiutare per affermare una specificità russa. Dall'epoca di Nicola I si afferma in Russia la concezione di una superiorità prima collegata alla religione ortodossa poi all'ideologia marxista-leninista-stalinista e poi con Putin di nuovo alla religione strettamente connessa al potere politico, al patriottismo ed all'imperialismo. L'élite russa e la maggior parte dei russi vuole avere un impero ed essere una grande potenza con cui dominare il mondo slavo e possibilmente l'Europa e parte dell'Asia ed avere grande influenza nel mondo. Il fatto di non avere un'egemonia mondiale porta alla frustrazione ed alla sindrome di accerchiamento nei confronti dell'occidente che non accetta la superiorità religiosa e morale del sistema autoritario russo. "La Russia storicamente conosce solo un genere di relazione tra governanti e governati: quello verticale. [...]. A differenza delle democrazie occidentali, la Russia non ha avuto, se non per brevi intervalli di tempo, fattori di bilanciamento dei poteri quali mezzi di comunicazione liberi, elezioni democratiche, un sistema giudiziario indipendente ... ."
L' idea russa. Da Dostoevskij a Putin
«La guerra della Russia con l'Ucraina è ritenuta non solo incomprensibile ma anche irrazionale, al punto che la salute mentale di Vladimir Putin è stata messa in dubbio. Il suo desiderio di controllare e magari sottomettere l'Ucraina, tuttavia, non è che la conseguenza logica di un'ideologia formulata inizialmente dagli slavofili e da Dostoevskij, e poi sviluppata da Danilevskij, Leont'ev, gli eurasisti, Dugin e altri: l'"idea russa" nella sua sanguinosa concretezza.»
Un'idea percorre la storia della Russia e attraversa i secoli per giungere fino a noi, da Dostoevskij fino a Putin: l'idea dell'eccezionalità della Russia, di un Impero che non è né Occidente né Oriente e che, perciò, può congiungere i due mondi in nome di una sua peculiare forza morale e spirituale. «È ora che io passi alla storia» ha dichiarato Putin a un giornalista russo nel lontano settembre 2013. Non vi sono dubbi che l'obiettivo di Putin sia ricostituire l'Impero russo. Su quali basi, su quali idee, però, si fonda questo disegno, oltre che, naturalmente, sulla forza delle armi? La risposta sta, secondo Bengt Jangfeldt, uno dei maggiori studiosi internazionali di letteratura russa, nelle idee sull'identità nazionale russa formulate da filosofi e scrittori sin dalla metà del xix secolo. In Fëdor Dostoevskij, il grande autore di indimenticabili capolavori della letteratura, che scrive: «C'è una sola verità, e solo un popolo può avere un vero Dio. L'unico popolo portatore di Dio è il russo». In Nikolaj Danilevskij, l'autore di Russia ed Europa, che afferma: «La Russia può conquistare un posto nella storia degno di sé e dei popoli slavi solo ponendosi a guida di un sistema indipendente di Stati e agendo da contrappeso all'Europa in tutte le sue manifestazioni». In Nikolaj Trubeckoj, l'inventore del movimento politico-filosofico chiamato eurasismo per il quale il «mondo russo» è uno spazio che comprende Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakistan. E naturalmente in Aleksandr Dugin e il suo sogno della Grande Russia eurasiatica. Attraverso un agile excursus storico, Bengt Jangfeldt mostra come, formulata circa due secoli fa, all'epoca di Nicola I, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, e in particolare nell'era di Putin, l'idea che la Russia sia una civiltà a sé abbia conosciuto «una straordinaria rinascita al punto che, sotto il nome di patriottismo, sia arrivata a sostituire il comunismo come ideologia di Stato». L'«idea russa», la chiamava Dostoevskij. A quest'idea sono dedicate le pagine che seguono, indispensabili per capire realmente che cosa è in gioco nella «terra di frontiera» chiamata Ucraina.
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Anno edizione:2022
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Epicuro8 28 febbraio 2023Un testo magistrale leggibile da un pubblico vasto
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