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Anno edizione: 2022
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«L’attenzione e l’indugio sono virtú da coltivare per i loro effetti positivi. La velocità porta con sé un’erosione culturale di cui ancora non siamo in grado di valutare le conseguenze. Meglio seguire l’aureo motto «affrettati lentamente»: soprattutto davanti ai messaggi che la lingua dei testi ci comunica.»
Questo è un elogio della lentezza, intesa come elogio della lettura e della scrittura attenta. Se scrivere è indugio intorno al «fare», e leggere un restare in totale compagnia di se stessi, percorrendo un percorso individuale, il testo in quanto oggetto privilegiato deve di conseguenza assorbire ogni attenzione. E l'attenzione e l'indugio sono virtú da coltivare per i loro effetti positivi soprattutto in un'età come la nostra, l'età della velocità. E la velocità porta con sé, insieme ai notevoli agi, un'erosione culturale di cui ancora non siamo in grado di valutare le conseguenze.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un elogio della lentezza non relativo al quotidiano, ma della lentezza nel mondo dei libri: lettura, scrittura, linguaggio, letteratura e apprendimento. Travolti dall’informazione immediata che si ricava da internet e dalla TV, sembra che la nostra capacità di attenzione, il valore della lentezza e dell’indugio si stiano logorando, cosi come la “buona lettura” par essere declassata, il bagaglio linguistico troppo leggero, la capacità di argomentare scarsa, la valutazione delle letture superficiale. Diversi sono gli elementi disturbanti tra cui la scuola che spesso desidera declassare le “conoscenze” a favore del “saper fare” riducendo le ore dedicate alla letteratura (principale maestra di contemplazione, coscienza critica, riflessione e sviluppo dell’essere) per una società puramente utilitaristica. Studiare letteratura porterà sempre vantaggi plurimi: logici, linguistici ed esistenziali a tutti (economisti e ingegneri compresi). Scegliere bene le letture e dedicarcisi con indugio e fatica (perché la letteratura non è una passeggiata) è indipensabile per appropriarsi del giusto “senso del vivere” e per raggiungere “una consapevole organizzazione di pensiero”. Oggi sugli scaffali delle librerie sembrano proliferare letture “rapide” nei dialoghi, nelle riflessioni, nelle descrizioni per adattarsi maggiormente alla richiesta di una civiltà che par essere prevalentemente acustico-visiva. Dove sono finiti i ritmi volutamente contemplativi, “monotoni”, ipnotici di Pavese, ad esempio? I libri devono ricordarci l’importanza della difficoltà, il valore dell’impegno, la profondità della lentezza, la differenza tra qualità e quantità e incrementare il nostro vocabolario. G. L. Beccaria “spolvera” le nostre menti attraverso Flaubert, Gadda, Pavese, Manzoni, Verga, Tolstoj, Dante, Petrarca, Levi e tanti altri, mette a confronto la corsa e la sosta, il vedere con il leggere e si sofferma anche sullo scrivere, dedicando un capitolo alla figura dello scrittore che sembra aver perso l’arte del “cucire le parole” e corre per dar valore più al “cosa” (trama) che al “come” (sviluppo e non-detto).
Riflessioni sulla scuola, sulla letteratura e sulla lettura, il tutto raccontato con grande passione, competenza, intelligenza e profondità. Lettura appassionante e fortemente consigliata.
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