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Con brutalità e con delicatezza, con frasi che ogni volta hanno un filo perfettamente tagliente, Cioran vaga in questo libro non già intorno ai «problemi», come fanno spesso i filosofi, ma intorno alle «cose», come fanno i pochi che pensano veramente – e, fra le tante cose, intorno a quella unica che non cesserà mai di torturarci e di travolgerci: il puro fatto di «essere nati», quella rinuncia primordiale alla possibilità che costituisce la nostra esistenza. In questo libro, più che mai prima, Cioran si avvicina a certi temi, a certi modi dei buddhisti più radicali. E forse proprio questa diversione verso l’Oriente, verso la sua asciuttezza dinanzi alle cose ultime, gli permette di trovare un passo aspramente idiosincratico, un’andatura insofferente verso tutto, soggetta però ad «accessi di gratitudine per Giobbe e Chamfort, per la vociferazione e il vetriolo». È il passo di una lunga deambulazione notturna, da cui nasce e si concatena questa sequenza di aforismi, annotazioni, aneddoti, in un tentativo di evasione «dalla Specie, da questa turpe e immemoriale marmaglia».
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Per anni ho osservato e sfogliato Cioran in libreria, questo perché i suoi libri possiedono un magnetismo raro che fa ben intuire, già solo attraverso i titoli, l'immensità che ne impregna le pagine. Dopo aver letto La caduta nel tempo, ho voluto proseguire con L'incoveniente di essere nati, che è forse il libro da cui si dovrebbe partire per familiarizzare con i pensieri, le ossessioni e le percezione di un uomo unico. In questo libro, infatti, c'è una raccolta di aforismi e aneddoti tutt'altro che banali, espressi in maniera delicata e al tempo stesso feroce e tagliente. Morte, nascita, ansia, Dio...non si può essere uomini senza.
E' una raccolta di aforismi, frasi, pensieri e riflessioni concernenti la tristezza della vita, non in quanto tale ma in quanto ad una esperienza da noi non richiesta. L'autore giunge a delle epifanie non scontate partendo dalla consapevolezza che la più grande disgrazia è stata nascere.
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