La letteratura romena tra la seconda metà del Novecento e gli anni Duemila
Tra la prima e la seconda guerra mondiale è di speciale importanza l’attività di un gruppo che prende nome dalla leggendaria figura del demone Sburátorul: oltre al fondatore, Eugen Lovinescu, si devono menzionare il poeta Ioan Barbu, il romanziere Camil Petrescu, e la scrittrice Hortensia Papadat-Bengescu; continuatori ideali del gruppo saranno gli aderenti al circolo di Sibiu, tra cui Stefan A. Doinas e Radu Stanca. Tra romanzieri, impegnati per lo più nella rievocazione della guerra e nella analisi della crisi borghese, spiccano Liviu Rebreanu, Cezar Petrescu, Mateiu Ion Caragiale (figlio del commediografo), Panaït Istrati; mentre, a conferma del legame ormai istituzionalizzato con le grandi culture occidentali, la Romania offre diverse personalità che si affermeranno, esprimendosi in francese, sulla più vasta scena internazionale: Tristan Tzara, fondatore del dadaismo; Eugène Ionesco, uno degli esponenti più noti del teatro dell’assurdo contemporaneo; il saggista Emil M. Cioran e Mircea Eliade, storico delle religioni. Nella storiografia e nella critica letteraria si afferma, negli anni Trenta, sulle orme di Iorga, George Călinescu.
Nel secondo dopoguerra, in modo non dissimile da quanto avviene negli altri paesi dell’Europa orientale, la tradizione letteraria romena è chiamata a confrontarsi con drastici mutamenti sociali. Il filone più attivo continua a essere il romanzo, un campo nel quale, accanto a Călinescu, a Mihail Sadoveanu e a Zaharia Stancu, si affermano Eugen Barbu, Marin Preda, Titus Popovici e, tra i più giovani, Nicolae Breban, Norman Manea, impegnato nella denuncia delle drammatiche condizioni di vita sotto la dittatura. La generazione degli anni ’80 fa sua la lezione postmoderna e si presenta con volumi collettivi (Aria con diamanti, 1982); meritano una menzione individuale Mircea Cártárescu, romanziere e critico letterario, Horia-Roman Patapievici, scienziato e umanista di vocazione filosofica, Sidonia Drăgușanu.
I vorticosi sconvolgimenti sociali iniziati negli anni ’90 hanno accentuato la tensione ipermodernista, in cui si è rispecchiata la generazione che ha vissuto la caduta del regime e la difficoltosa transizione del paese nell’UE: un percorso che dal Cenacolo di Mart ̧i e dal Gruppo di Constant ̧a ha portato alla corrente fratturista fondata da D. Crudu e M. Ianus.
Dopo la fine della dittatura sono state riscoperte opere di letterati come il monaco e scrittore Nicu Steinhardt. Notevole vitalità ha mostrato per tutto il Novecento la produzione teatrale, rappresentata da A. Kiritescu, H. Lovinescu, A. Baranga, A. Mirodan, Matei Cálinescu e Sorin Alexandrescu.
Tra i nomi affacciatisi più di recente sulla scena letteraria si segnalano i poeti e drammaturghi M. Sorescu e Matéï Visniec (ora naturalizzato francese), la saggista e poetessa Marta Petreu, Ion Pop, Valeriu Nicolae, Eugen Uricaru, Ioana Pârvulescu, Ana Blandiana, Doina Ruşti.
Il nome più rilevante della letteratura contemporanea è quello di Herta Müller, Premio Nobel per la Letteratura nel 2009, a lungo vissuta in patria e poi in Germania per dissidi con il regime, che - nata in un villaggio tedesco del Banato rumeno - scrive in lingua tedesca.