Spin off del primo romanzo, forse con in soggetto più interessante. Si ha sempre la sensazione che sia la base per una serie televisiva come per il precedente. Quello che davvero rovina tutto è la ridondanza di descrizioni che tolgono ritmo alla storia al punto che si potrebbero leggere solo mezze pagine senza togliere nulla alla trama. Una serie di capitoli alla fine che descrivono la scomparsa di un bambino e che servono solo a riempire pagine. Non credo che leggerò altro di questa autrice.
Io che ti ho voluto così bene
Luca non ha neanche quattordici anni, ma ha una sensibilità silenziosa che lo rende diverso dai coetanei. Con i genitori e il fratello maggiore abita in una località di mare, dove tutto sembra immutabile: un posto sicuro che con la bella stagione si popola anno dopo anno. Un'estate una ragazza piena di vita diventa il suo primo sogno d'amore. Quando però lei scompare, e i carabinieri bussano alla loro porta, l'esistenza di Luca e dei suoi viene segnata per sempre. Per sottrarre lui, con la sua innocenza di bambino, all'ombra che si propaga inesorabile sulla famiglia, la madre gli riempie in fretta una valigia e lo mette su un treno con un biglietto di sola andata: al Nord lo aspettano lo zio Umberto, professore al liceo, e la zia Mara con le cugine. In un mondo diverso, lontanissimo da quello della sua infanzia, Luca prova a ricostruirsi, cresce e mette nuove radici, cercando di restituire un senso a parole come fiducia e appartenenza. A sostenerlo ci sono lo zio Umberto, che per lui dà tutto se stesso, e Flavia, una ragazzina determinata a fargli ritrovare la speranza nel futuro. Con la sua penna delicata e profonda, Roberta Recchia mette in scena relazioni intense, dialoghi vibranti, e una storia che ci tiene stretti fino all'ultima pagina. Un romanzo carico di grazia sulla possibilità di rinascere e di saper perdonare, con un protagonista che ci conquista e ci commuove da subito: perché la sua voce ci arriva con tutta la pienezza dei silenzi e delle verità sussurrate.
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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FabPet 27 agosto 2025Troppe parole
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Fulvia 26 agosto 2025Emozionante 2
Come ho scritto nella recensione del suo primo libro, da non perdere, rischio di ripetermi, bellissimo, intenso come l'altro, non riuscirete a staccarvene.
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Bruno Izzo 25 agosto 2025LA SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO
Questo non è tanto un sequel di “Tutta la vita che resta”, neanche uno spin off di quello, come si potrebbe pensare a prima lettura. Direi che è tutt’altro, è la rifinitura finale di una bella pietra preziosa, è vero che riporta certe vicende e di straforo anche alcuni personaggi già citati nel primo volume, ma li ripulisce a nuovo, li libera dalla opaca patina superficiale che in qualche modo li celava in precedenza, poi ne introduce e ne stilizza altri insieme a loro; ne risulta un testo autonomo. La scrittrice sforna ancora un lavoro magistrale, affronta gli stessi temi trattati in precedenza ma da un’ottica diversa, particolareggiata ed individuale, come è giusto che sia: perché l’esistenza di chiunque, anche la più semplice, è sempre un grumo di fatti, vicende, azioni e sentimenti differenti dalla vita degli altri, mai uguale. Pertanto, soprattutto nelle vite a vario titolo improntate al dramma, la scelta migliore è quella di sospendere ogni giudizio. Non significa non dar corso alla giustizia degli uomini, oppure dimenticare, o smitizzare o peggio ancora soprassedere, ma far decantare le azioni, specie quelle pervase dalla banalità del male. Starà al tempo e al successivo divenire delle persone e nel compiersi delle loro azioni e scelte di vita farne naturalmente, se non giustizia cruenta radicale o restituzione del danno, almeno un altro dono assai più prezioso, fatto a sé stessi. Farsi un dono: in ciò consiste la riabilitazione di tutti quelli coinvolti, passa per la crescita individuale, per l’accettazione dell’ineluttabilità e dell’imprevedibilità dell’esistenza, si compie con il metabolizzare l’esperienza e trarne infine se non conseguente conforto, almeno una più valida continuazione del corso dell’esistenza propria, per tutta la vita che resta. “Io che ti ho voluto così bene” è un dono per i lettori, per loro l’autrice si è impegnata, per dono. Il libro è per dono, non è una continuazione del primo, è una conferma, una doppia convalida.
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