Compositore. Allievo di G. Tebaldini al conservatorio di Parma, maestro sostituto nel 1901-02 al teatro della città, debuttò nel 1908 con le musiche di scena per La nave di D'Annunzio, legandosi d'amicizia col poeta che, successivamente, adattò per lui il testo della sua tragedia Fedra (1915). Insegnante al conservatorio di Firenze dal 1908, lo diresse dal 1917 al 1924; in questo periodo frequentò l'ambiente de «La Voce». Fu poi direttore del conservatorio di Milano e nel 1936-58 insegnante di composizione ai corsi di perfezionamento di Santa Cecilia a Roma, svolgendo nel contempo attività di critico musicale. P. appartiene al gruppo dei musicisti nati attorno all'80 che all'inizio del secolo furono giudicati unanimemente intenti a superare la condizione d'isolamento in cui il melodramma ottocentesco (rappresentato in quegli anni dalle propaggini postverdiane e veriste) avrebbe relegato la vita musicale italiana rispetto agli ultimi sviluppi della musica europea. Mentre Casella e Respighi ricercarono i presupposti per una musica strumentale italiana in grado di inserirsi nel contesto europeo a livello delle moderne acquisizioni di linguaggio, P. sviluppò una problematica, nell'ambito del teatro, intesa a rinnovare l'opera italiana con un tipo di vocalità drammatica, consistente in un declamato plastico capace di potenziare i sensi della parola mediante il recupero del «recitar cantando» fiorentino, della polifonia antica e soprattutto del gregoriano, da lui ben appreso alla scuola del Tebaldini. La salmodia gregoriana fu per P. più di una semplice particolarità linguistica; diede un volto alla sua concezione etico-estetica del dramma concepito come conflitto entro una visione religiosa della vita e dell'arte. Aliena dagli sviluppi del cromatismo postwagneriano e da ogni forma di dissoluzione tonale, tutta la produzione di P., teatrale e strumentale, è pervasa da una vocalità dilagante, intensamente declamata. Fra i suoi lavori teatrali si segnalano le musiche di scena per La nave (1905) e per La Pisanella (1913) di D'Annunzio, e le opere (fra le 14 che scrisse, tutte su libretto proprio, tranne quattro) Fedra (1915, libretto di D'Annunzio), Débora e Jaele (1922), Fra Gherardo (1928), Lo straniero (1930), La sacra rappresentazione di Abramo e Isacco (1931), Orsèolo (1935), Cagliostro (1953), La figlia di Jorio (1954, libretto di D'Annunzio), L'assassinio nella cattedrale (1958), Clitennestra (1965). Notevole è anche la sua produzione orchestrale (tra cui Concerto dell'estate, 1928; Rondò veneziano, 1931; Sinfonia in la, 1940); per orchestra e strumenti solisti (fra cui Canti della stagione alta per pianoforte, 1933; Concerto in do per violoncello, 1934; Concerto in la per violino, 1945); corale, con o senza orchestra (Messa di requiem per sole voci, 1922; De profundis per sette voci, 1938; Epithalamium, cantata per soli, coro e orchestra, 1940 ecc.); da camera strumentale (Quartetto in la, 1906; Quartetto in re, 1933; due Sonate con pianoforte, l'una per violino, l'altra per violoncello, 1918 e 1921; Tre canti per violoncello e pianoforte, 1920 ecc.); da camera vocale (I pastori, 1908; Tre sonetti del Petrarca, 1922; Tre canzoni per canto e quartetto d'archi, 1926; Tre liriche, 1944 ecc.).