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Anno edizione: 2010
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Una bravura eccezionale quella di Rampini nell'esporre concetti di geopolitica e di economia in maniera molto semplice, fluida e attenta. Ottimo per chi vuole approfondire i cambiamenti che si stanno verificando a livello internazionale e che ormai sono sotto gli occhi di tutti. Un insieme di brevi storie originali e concrete guida la lettura nello scoprire le tematiche principali del libro: l'avanzata economica e tecnologica del colosso cinese, e l'Occidente post-crisi che fatica a riprendersi. Mette in luce in maniera chiara i pregi/difetti, i paradossi, le debolezze del sistema USA e della Cina. In conclusione una lettura leggera, ma intelligente.
Rampini fa di mestiere il giornalista, l’inviato all’estero di “Repubblica”, ha passato molti degli ultimi anni in Cina e, dal 2009, è tornato in America, da cui si era allontanato nel 2004. Chi meglio di un giornalista che ha fatto la spola tra America e Oriente può darci il polso del ritmo con cui il secolo XXI si sta sempre più orientalizzando mentre l’occidente segna il passo tra crisi economiche e miti che crollano come castelli di carte? Rampini ci aveva raccontato, tra il 2005 e il 2007, “il secolo cinese” , “l’impero di Cindia”, “la speranza indiana”, l’ascesa delle due nuove potenze economiche asiatiche, così diverse l’una dall’altra: da una parte l’autoritario colosso comunista convertitosi al capitalismo di stato o al capitalismo confuciano, come qualcuno l’ha chiamato, dall’altra la più grande democrazia del mondo, che ha fatto della crescita demografica la propria forza, a dispetto di chi ancora andava dicendo che la sovrappopolazione indiana avrebbe impedito il pieno sviluppo del subcontinente asiatico. Tornato negli Stati Uniti in piena recessione mondiale, Rampini ha immediatamente colto il mutamento dei tempi: si è ritrovato nel corpo di un’America in piena decadenza, economica e morale, in cui batte però un cuore asiatico sempre più forte, più invadente, più pervasivo. Nell’Occidente estremo che è diventato il continente nordamericano, il lettore della penultima fatica di Rampini (Occidente estremo, appunto) scopre quanto sia penetrata nella vita quotidiana dell’americano medio l’intraprendenza economica del gigante cinese. Qualche esempio tra tutti: in un paese in cui le infrastruttura cadono a pezzi a causa dei tagli imposti dall’amministrazione, in cui la tratta San Francisco-Los Angeles (lunga quanto la Milano-Napoli) viene coperta dai treni in dodici ore, le ferrovie cinesi dell’alta velocità costruiranno la TAV tra le due città della California, garantendo manodopera locale e alti salari; gli istituti di credito cinesi negli USA hanno utili che ammontano al triplo di quelli della Bank of America e la Cina sta entrando di prepotenza con i propri capitali in aziende come la Coca-Cola e la Apple. Insomma, una vera e propria sfida per l’egemonia condotta in casa del vecchio nemico di sempre, considerato anche che direttamente dalla Cina arrivano sostanziosi fondi per le scuole in cui si insegna il mandarino. E l’America? Sta solo a guardare? Obama è davvero una “figura tragica”, il traghettatore dell’America dal ruolo di grande potenza a quello di una nazione “normale”, per di più in piena decadenza? E’ un fatto che una civiltà in parabola discendente tenti sempre di recuperare le forze creative da tempo assopite. Così, gli americani elaborano nuovi valori post-crisi, come la riscoperta delle vacanze per guarire da quello che chiamano il workaholic, l’intossicazione da lavoro e da ansia da prestazione; la riscoperta del lavoro manuale e del fai-da-te non solo per fare fronte alle difficoltà economiche ma anche per ritrovare la dimensione autentica del lavoro che dà frutti tangibili e immediatamente fruibili; la riappropriazione e valorizzazione degli spazi verdi nelle metropoli. L’America resta comunque ai vertici mondiali per studi tecnologici e qualità degli atenei, i migliori al mondo. Non che la Cina stia meglio, quanto a situazione interna. La repressione in Tibet è solo l’ultimo dei problemi che la potenza cinese deve affrontare in termini di politica interna, tra dissenso intellettuale e lotte dei lavoratori per una maggiore rappresentanza e per l’applicazione integrale della Costituzione (che esiste ma è come se non ci fosse…). Insomma, la partita si sta ancora svolgendo, anche se Rampini (e con lui buona parte degli analisti internazionali) ci fa capire che il risultato sarà scontato. A noi europei, in questa congiuntura, spetta solo il triste ruolo di spettatori passivi.
è scaduto il tempo... l'Occidente ha esaurito la sua carica propulsiva sia in economia che in impresa. Ha vissuto per anni di corsa e ora si è bruscamente arrestata, impaurita dal progresso del nuovo mondo, che non è più progresso bulimico, ma con una visione. Alla Cina manca solo la democrazia, poi non le manca più nulla. E noi perdiamo invece democrazia giorno per giorno, insieme a benessere, fiducia, mutualità, immaginazione, paesaggio, cultura. Rampini questo ce lo sa spiegare fuori dai luoghi comuni, ma fuori anche dalle false speranze che ci fanno credere che ci sia ancora tempo per rimediare.
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