Gheddafi. Una sfida dal deserto

Da ventinove anni Muammar al Gheddafi è alla guida della Libia, nonostante gli innumerevoli tentativi per abbatterlo, pilotati dall'interno e dall'esterno del paese. Persino gli Stati Uniti hanno cercato di disarcionarlo, bombardando la sua residenza a Tripoli, ma senza alcun risultato. La prima ragione della sua sopravvivenza è che Gheddafi è uno straordinario animale politico, capace di osare, ma anche di retrocedere al momento opportuno, e di adattarsi alle evoluzioni della società libica e della comunità internazionale. Nel 1969, quando ha preso il potere con un colpo di stato incruento, ha trovato un paese che non esisteva e ne ha fatto una nazione che dialoga (e addirittura si misura) con le più grandi potenze del mondo. Dotato di una vasta cultura e di una fertilissima fantasia, dopo aver accordato protezione negli anni Ottanta al terrorismo internazionale, ha cambiato rotta negli ultimi tempi sino ad atteggiarsi a difensore dell'Occidente, che, dopo la scomparsa del pericolo russo, vede nel fondamentalismo islamico il suo nuovo nemico.
Con l'Italia ha sempre avuto un rapporto di amore e di odio, non soltanto perché parte della sua famiglia è stata uccisa nel periodo coloniale, ma anche perché lui stesso porta sul braccio i segni dell'esplosione di una mina italiana. Tutto questo non ha impedito che l'Italia diventasse il primo partner commerciale della Libia. Un'automobile su tre, in Italia, viaggia con il petrolio di Gheddafi.
Da uno dei più grandi esperti in materia, che unisce la facilità di scrittura del giornalista alla solidità di racconto dello storico, la prima vera biografia di Gheddafi sul mercato librario mondiale.