La macchina che imparò a sognare

Un traduttore immaginario si trova in Italia con in mano le copie di un misterioso manoscritto arrivato dall’Argentina. Del suo vero autore non si hanno più tracce. Nello stile narrativo del “realismo magico”, comune a tanti scrittori latinoamericani, l’autore ci conduce per mano su due piani di lettura: quello della pura avventura dove non mancano pathos e colpi di scena e quello più profondo dove possiamo trovare tanti elementi di riflessione personale. I fatti che vengono narrati, “riscritti” da un immaginario traduttore, si svolgono in un arco di tempo molto ampio: vanno dagli ultimi giorni della seconda guerra mondiale fino agli anni ’90 del secolo scorso. La lettura di eventi fantastici, di scene e personaggi, hanno anche una valenza simbolica che ci parla di “altro”: troverete “struzzi allevati in Gran Bretagna”, “libri fatti scomparire in un cimitero” e, soprattutto, un “Progetto” per realizzare una strana “Macchina” la cui costruzione inizia in America del Nord e prosegue nelle profondità di una grotta nella Patagonia argentina. Vedrete che i personaggi che si muovono all’interno di questo libro arrivano a ‘leggersi’ in alcune pagine di un dattiloscritto nel quale essi stessi “vivono”. In un susseguirsi di storie nella storia, ci troviamo davanti alla metafora della natura umana, dell’avventura della vita, della sua evoluzione e del suo futuro come specie. Così, lo stregone che gira per le campagne della “pampa” e della “Patagonia” con il suo marchingegno per attirare la pioggia, forse non è altro che la rappresentazione di un conflitto interiore: la vera battaglia combattuta dalla nostra parte migliore contro la desertificazione dell’animo umano.