Mérot racconta le memorie di un uomo in preda alla disintegrazione professionale e affettiva. "Lo zio" ha una quarantina d'anni ed è nato a Parigi. Trascorre le notti nei bar di Pigalle assieme ai suoi simili, nel girone infernale degli "scorticati vivi", in una girandola di donne in tanga, risvegli in letti sconosciuti e personaggi da incubo. Lo zio ha esercitato una decina di mestieri diversi. Lo zio non ama la famiglia, un nucleo perverso retto dal potere del mammifero femmina, la madre, piovra-castrante, che ci mette al mondo e che ci considera come una perpetua escrescenza delle sue ovaie. Unica consolazione, l'alcol, del quale celebra la poesia e, non potendo più piangere, ride. Una critica dissacratoria e comica dell'era contemporanea.
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