Bellissima favola di Camilleri facente parte di una trilogia con "Il sonaglio" e "Il casellante". L'autore si rifà ad un racconto ascoltato da bambino in cui un contadino sposa una sirena e ci trascina in un mondo incantato in cui capitano cose stupefacenti. Anche in questo caso a fare da sfondo alla storia è la Sicilia e la lingua usata è la commistione perfetta tra siciliano e italiano che rende unico lo stile di Camilleri.
La storia comincia a Vigàta nel gennaio del 1890. Gnazio ritorna dall'America dopo 25 anni di assenza. Ci era andato a lavorare giovane perché in paese era rimasto solo. Sapeva solo "arrimunnari "gli alberi, ma alla perfezione tanto da essere assunto a New York come giardiniere. Poi, una brutta caduta da un pino, i soldi dell'assicurazione e il ritorno a Vigàta con un piccolo gruzzolo, sufficiente a comprare un pezzo di terra. Se ne era innamorato subito Gnazio, perché al centro di quella terra, stretta tra ciclo e mare, troneggiava un ulivo secolare, la gente diceva che aveva più di mille anni. La terra era rinata con le sue amorevoli cure, rivoltata e bagnata, popolata di animali, abbellita da una costruzione tirata su pietra su pietra e ora a 45 anni Gnazio era desideroso di farsi una famiglia. È l'esperta di erbe e guarigioni, la vecchia Fina, a trovargli una moglie, Maruzza Musumeci, bella come il sole. Chi sa perché quella ragazza non aveva mai trovato marito. Forse per certe sue stramberie? Le nozze, poi i figli. La famiglia di Gnazio e Maruzza cresce, prima nasce Cola, poi Resina, dalla voce ammaliante, poi Calorio e Ciccina, e cresce anche la casa... Una favola in cui si intrecciano mito e storia, ma anche arte, architettura, astrologia. Una fantasia sconfinata imbrigliata nel racconto di una vita vissuta intensamente.
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Anno edizione:2007
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Premetto che ho letto dei libri storici di camilleri la stagione della caccia e un filo di fumo, quindi non altri libri sulla scia storica considerati the best, ma questo libro pur essenso un "cunto dei cunti", quindi qualche passo non originale, mi è piaciuto tanto, le pagine correvano e la voglia di sapere come finiva era molta, anche se leggendo il risvolto prevedevi un pò la storia quindi mi unisco anch'io e vi consiglio di NON leggere il risvolto, altrimenti la sorpresa sarà di meno. anche io ho notato che la seconda parte si è svolta troppo velocemente rispetto alla prima.sembra veramente che ci doveva essere una fine immediata, si doveva concludere perchè il numero di pagine a disposizione stavano per terminare. una bella storia sicuramente, condita anche da un buon dialetto siciliano.
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Enrico Caramuscio 22 luglio 2015
Quella tra Gnazio e Maruzza non è una semplice storia d’amore, perché i racconti di Camilleri non sono mai semplici racconti. Con la sapienza del grande maestro, l’autore riesce ad intrecciare a regola d’arte fantasia e realtà, storia e leggenda, amore e amarezza, trascinandoci in una favola dal gusto dolceamaro e incantandoci con il suo linguaggio vernacolare simpatico e frizzante. Sullo sfondo una Sicilia affascinante e tragica, dove la bellezza dei paesaggi si scontra con l’asprezza della vita, dove la limpidezza del mare e l’amenità degli uliveti e dei mandorli in fiore contrastano con la triste situazione di braccianti stagionali considerati alla stregua di pidocchi, “pirchì i pidocchi sunno come i braccianti stascionali, che macari Dio si scorda che esistino”. Proprio per sfuggire alla triste sorte di questo mestiere, Gnazio va a cercare fortuna in America, ma il richiamo della sua terra e delle sue radici è troppo forte ed il ritorno è inevitabile. Il bravo potatore, comunque, ha messo da parte un bel gruzzoletto e, rimesso piede sul suolo natio, può comprarsi un pezzo di terra che sia tutto suo, da coltivare con le sue mani, da riempire di animali, da arricchire con una bella casa e una numerosa famiglia. Trova la terra, la compra a dispetto di strane dicerie e storie raccapriccianti, la risveglia e la rende feconda. Compra gli animali, costruisce la casa. Quello che manca è una donna con cui mettere su famiglia, ma ad aiutarlo nella ricerca ci pensa la Gnà Pina, una vecchietta tutto pepe esperta di erbe medicinali e di tutte le cose del mondo. Ed ecco che nella sua vita entra una ragazza un po’ stramba, innamorata del mare e convinta di essere una sirena, ma di una bellezza disarmante: Maruzza. “Aviva dù occhi ca parivano palluzze di celu, la vucca doviva esseri russa russa comu ‘na cirasuzza. Il nasuzzo dritto e fino spartiva a mità ‘a miluzza frisca, appena cugliuta, ch’era la so facciuzza. I capilli le arrivavano sino a sutta i scianchi. La cammisa era a sciuri, e faciva ‘na bella curvatura all’altizza delle minnuzze. La vita era accussì stritta che lui l’avrebbi potuta tiniri tutta tra il pollice e l’indice della mano e dalla vita si partiva una gonna tutta buttuna buttuna che arrivava fino ‘n terra. Da sutta alla gonna spuntavano i piduzzi che addimostravano ch’era fimmina e no sirena. Doviva esseri quattro o cinco jita cchiù avuta di lui. Era meglio di tutte le fimmine che aviva vidute nella Merica.” Tra i due nasce un amore forte e intenso, fatto di passione e compromessi, che supera ogni difficoltà e ogni differenza, che genera figli e nipoti, che ci lascia incantati con il profumo del mare nel naso, il canto di una sirena nelle orecchie e la Sicilia nel cuore.
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