Ne "La masseria delle allodole" l'autrice, di origini armene, ricostruisce la storia della sua famiglia, raccontatale dal nonno trasferitosi in Italia all'età di 13 anni. Gli eventi raccontati occupano un arco temporale che va dalla seconda metà del XIX secolo fino ai rastrellamenti e le deportazioni del popolo armeno avvenuto durante la Prima Guerra mondiale a opera del governo turco. Conoscere i dettagli di un evento così tragico e di cui si parla ancora troppo poco, delle violenze subite da un popolo mite e senza patria, e pensare che ancora oggi esistono situazioni del genere mi ha messo l'amaro in bocca e la pesantezza nel cuore. Personalmente non ho amato molto lo stile dell'autrice, a mio parere dispersivo e a tratti ampolloso. Gli eventi sono presentati in maniera a volte sbrigativa, non suddivisi da capitoli. Se il romanzo fosse stato scritto in maniera diversa, avrei dato un punteggio pieno.
La masseria delle allodole
Armenia, 1915: la famiglia Arslanian è in attesa del ritorno di Yerwant, trasferitosi anni prima in Italia, per studiare nel collegio armeno di Venezia. Ora è pronto a tornare a casa, nella Masseria delle Allodole, tra le colline dell'Anatolia. Ma, nel frattempo, la Grande guerra ha raggiunto la Turchia, mentre il partito dei Giovani Turchi insegue il mito di una nazione in cui non c'è posto per le minoranze. Accade così che la Masseria, il luogo dove la famiglia avrebbe dovuto riabbracciarsi, diventa teatro di una strage efferata: tutti i maschi, adulti e bambini, vengono trucidati senza pietà. Per le donne comincia invece un'odissea segnata da marce forzate e campi di prigionia, fame e sete, umiliazioni e crudeltà. Nel loro cammino verso il nulla, madri figlie e sorelle si aggrappano disperatamente all'istinto di sopravvivenza e tengono accesa la fiamma della speranza. Sarà grazie al loro sacrificio, e all'aiuto disinteressato di chi rifiuta di farsi complice della violenza, che tre bambine e un "maschietto-vestito-da-donna" riusciranno a salvarsi e a raggiungere Yerwant in Italia. Attraverso le vicende della sua famiglia, Antonia Arslan rivive e racconta la diaspora di un popolo "mite e fantasticante", costretto ad abbandonare la propria terra, la fatica del conservare la memoria e tenere accesa la fiamma della speranza. Una tragedia che non possiamo dimenticare, eternata in questo indimenticabile romanzo, e ribadita nella nuova prefazione dell'autrice per i vent'anni dalla prima edizione, perché il ricordo del genocidio armeno non cada mai più nell'oblio della Storia.
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Felicia 26 gennaio 2022Consigliato per conoscere e non dimenticare
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