Memoria sulla necessita' di avvisare ai mezzi inde isbandire la mendicita' letta nella tornata del di' 11 dicembre 1827 della Regia Camera d'Agricoltura e di Commercio di Torino da un Membro della medesima - copertina
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Memoria sulla necessita' di avvisare ai mezzi inde isbandire la mendicita' letta nella tornata del di' 11 dicembre 1827 della Regia Camera d'Agricoltura e di Commercio di Torino da un Membro della medesima
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In 8, pp. 45 + (1) + (2b). Br. muta coeva. Discorso sulla necessita' di porre un argine al fenomeno della mendicita'. Scrive l'A. nell'incipit: 'Siamo circondati, siamo giornalmente assediati dagli accattoni; e tale e' il loro numero che, anche nella supposizione che tutti fossero veramente poveri e non viziosi, non sarebbe pero' possibile di avere ne' i mezzi ne' il tempo di fermarsi con tutti, e di soccorrerli tutti'. Tra la folla di persone che chiede l'elemosina alcuni sono 'veramente poveri, malaticci, incapaci di lavoro, degni percio' di tutta la nostra miserazione', altri invece 'sono viziosi che non vogliono far niente. Nel primo caso la societa' e' tenuta rigorosamente a soccorrrerli, ed a soccorrerli con ogni maniera di carita': nel secondo poi non si deve assolutamente ne' tollerare ne' autorizzare cotanta scioperataggine'. Tuttavia l'uomo benefico deve guardare 'questi esseri degenerati come particolarmente degni della sua compassione. Sono essi senza dubbio da compatire perche' sono viziosi, e si deve tentare ogni sforzo per ricondurli nel buon sentiero e far perdere loro le cattive abitudini'. L'A. propone quindi di ripartire dalle provvidenze, cadute in disuso ma non abrogate, emanate da Vittorio Amedeo II nel 1716-17 per la fondazione degli istituti di carita'. Se all'interno degli stabilimenti 'l'indolenza viene convertita in attivita'', si puo' risparmiare sulla gestione degli stessi ed ovviare al piu' grave dei problemi, ovvero la necessita' di reperire fondi troppo ingenti in grado di sostenere simili strutture. I profondi cambiamenti in atto nella societa' piemontese e l'inadeguatezza degli antichi provvedimenti settecenteschi, cui pure viene fatta menzione in questo scritto, tornano al centro del dibattito nella societa' carloalbertina. Si incomincia a pensare che la sola repressione non possa essere risolutiva e che a questa debba associarsi anche l'idea di assistenza. Sara' in particolare Ilarione Petiti di Roreto a dare maggior respiro a questi temi, entrando cosi' di diritto tra i teorici delle riforme ottocentesche a livello europeo. Certo stava realizzandosi a Torino un fenomeno di inurbamento da parte dei ceti poveri agricoli dello Stato Piemontese simile a quello di altre capitali europee, con la differenza che questa massa di diseredati non arrivava a Torino attratta da possibilita' di lavoro nella nascente industria, che qui non esisteva ancora, bensi' attratta dalle strutture di assistenza, inensistenti o quasi nelle altre citta' dello stato. Cfr. Levra, Il controllo sociale nell'800..., p. 180 cit. in La scienza e la colpa, 1985.

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In 8, pp. 45 + (1) + (2b). Br. muta coeva. Discorso sulla necessita' di porre un argine al fenomeno della mendicita'. Scrive l'A. nell'incipit: 'Siamo circondati, siamo giornalmente assediati dagli accattoni; e tale e' il loro numero che, anche nella supposizione che tutti fossero veramente poveri e non viziosi, non sarebbe pero' possibile di avere ne' i mezzi ne' il tempo di fermarsi con tutti, e di soccorrerli tutti'. Tra la folla di persone che chiede l'elemosina alcuni sono 'veramente poveri, malaticci, incapaci di lavoro, degni percio' di tutta la nostra miserazione', altri invece 'sono viziosi che non vogliono far niente. Nel primo caso la societa' e' tenuta rigorosamente a soccorrrerli, ed a soccorrerli con ogni maniera di carita': nel secondo poi non si deve assolutamente ne' tollerare ne' autorizzare cotanta scioperataggine'. Tuttavia l'uomo benefico deve guardare 'questi esseri degenerati come particolarmente degni della sua compassione. Sono essi senza dubbio da compatire perche' sono viziosi, e si deve tentare ogni sforzo per ricondurli nel buon sentiero e far perdere loro le cattive abitudini'. L'A. propone quindi di ripartire dalle provvidenze, cadute in disuso ma non abrogate, emanate da Vittorio Amedeo II nel 1716-17 per la fondazione degli istituti di carita'. Se all'interno degli stabilimenti 'l'indolenza viene convertita in attivita'', si puo' risparmiare sulla gestione degli stessi ed ovviare al piu' grave dei problemi, ovvero la necessita' di reperire fondi troppo ingenti in grado di sostenere simili strutture. I profondi cambiamenti in atto nella societa' piemontese e l'inadeguatezza degli antichi provvedimenti settecenteschi, cui pure viene fatta menzione in questo scritto, tornano al centro del dibattito nella societa' carloalbertina. Si incomincia a pensare che la sola repressione non possa essere risolutiva e che a questa debba associarsi anche l'idea di assistenza. Sara' in particolare Ilarione Petiti di Roreto a dare maggior respiro a que

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1829
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2568812707381
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