Monks And The Third Man

Questo omaggio a Thelonious Monk, che nasce da un’idea di Michele Fattori in relazione al primo disco “Gavagai”, vuole essere una rappresentazione delle dinamiche del suono e della musica che si dipanano con l’intervento intimo di due esecutori. Se in “Gavagai” la matrice è la piena libertà improvvisativa, che viene realizzata senza alcun canovaccio esecutivo, in questo disco si esalta il rapporto tra lo stile inteso come idea e la reinterpretazione dello stile, in un modo che si dipana tra il bianco e nero sottolineando i grigi e le sfumature sonore personalissime, tempi dilatati e spazi contemplativi, che permettono di aumentare la libertà improvvisativa e la scelta precisa di un’interpretazione libera dagli stessi dettati stilistici di Thelonious Monk. Ecco così che si giustifica il titolo, che gioca anche con il nome dello stesso compositore, facendo sì che possa esservi un rimando moderno al canto gregoriano come nella composizione iniziale, oltre alla totale rivisitazione di alcuni pezzi celeberrimi, che rimangono tali nell'esposizione del tema e nelle strutture, pur essendo chiaramente l'andamento sonoro libero dallo stile e dai clichés del grande autore statunitense. Il disco si conclude con una composizione, non a caso un Blues, di Michele Fattori. Una stesura armonica e melodica che tiene conto dell’opera di Monk, cercando con la stessa ironia e la stessa precisione compositiva di essere una piccola innovazione che appunto nasce dalle sfumature che si assiepano infinite tra trascendenza e contingenza. Tra tradizione e avanguardia. Tra L'idea, la Storia e la sua (ri-)esecuzione, la sua attualizzazione nella contemporaneità.