La commedia, di appena 89 pagine, è dedicata alla "morte accidentale", come ironicamente ricorda il titolo stesso, dell'anarchico Giuseppe pinelli. La storia è ambientata alla questura di milano dove è avvenuto il fatto. Un Matto finito più volte in manicomio è sotto interrogatorio. Il personaggio principale interpretato poi da Dario Fo in persona nella rappresentazione è accusato di travestirsi e spacciasi per chirurgo, capitano dei bersaglieri vescovo e ingegnere navale per un totale di 11 arresti. Il Matto crea lo scompiglio all’interno della questura facendosi passare per il giudice incaricato della revisione dell’inchiesta del povero ferroviere anarchico finito giù dalla finestra della stessa stanza dove si svolge tutta la vicenda. Fo giudice ricostruisce i fatti con il questore e il commissario smontando a poco a poco le loro versioni dei fatti. Servendosi di dialettica Gesuita, bende piratesche, occhi di vetro, gambe e mano di legno, abiti vescovali e equivoci incredibili riesce a fare luce sui fatti prima di fare a sua volta una brutta fine giù per la finestra incriminata.
"Come ci è venuto in mente di allestire uno spettacolo legato al tema della strage di Stato? Anche in questo caso siamo stati spinti da una situazione di necessità. Durante la primavera del '70 gran parte del pubblico che assisteva ai nostri spettacoli [...] ci sollecitava a scrivere un intero testo sulla strage alla Banca dell'Agricoltura di Milano e sull'assassinio di Pinelli, che ne discutesse le cause e le conseguenze politiche. [...] Passato lo shock iniziale, la stampa taceva [...] Si aspettava che "luce venisse fatta". Aspettare, purché non si facesse caciara. Ma qual è la vera ragione del grande successo di questo spettacolo? Non tanto lo sghignazzo che provocano le ipocrisie, le menzogne organizzate - a dir poco - in modo becero e grossolano dagli organi costituiti e dalle autorità ad essi preposte [...], quanto soprattutto il discorso sulla socialdemocrazia e le sue lacrime da coccodrillo, l'indignazione che si placa attraverso il ruttino dello scandalo, lo scandalo come catarsi liberatoria del sistema. Il rutto liberatorio che esplode spandendosi nell'aria quando si viene a scoprire che massacri, truffe, assassinî sono organizzati e messi in atto proprio dallo Stato e dagli organi che ci dovrebbero proteggere". Questa edizione ripropone il primo finale scritto da Dario Fo nel 1970, messo in scena nel 2002 per la regia di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani.
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