Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo? Sono domande che la protagonista Dotty sembra non farsi affatto, presa com'è dalla dolorosa banalità del quotidiano, tutto sempre e solo nelle tinte del grigio. E neppure si stupisce più di tanto quando in quella cupezza monocorde fa una violenta irruzione il verde "Mostruomo", fuggito da un laboratorio: ma prima bisogna togliere dal forno i crackers al formaggio che rischiano di bruciare! Mossa da un sentimento tra la curiosità e la pietà, Dotty nasconde la gigantesca creatura al marito in stanze in cui egli ormai non mette più piede da anni, e la nutre, spendendo oltretutto un patrimonio in avocado (in tinta col mostro, chiamato affettuosamente Larry). Quella tra Dotty e il mostro ranocchione non è una passione che infiamma quanto piuttosto una (disperata) ricerca di normalità: fanno passeggiate notturne sulla spiaggia, giri in macchina, l'amore; nessun eccesso, nessuna crisi di mezza età della protagonista. E se a darle questa normalità deve essere un mostro, chi è lei per giudicare, chi è lei per fare discriminazioni: chi è lei per farsi tante domande, senza accettare con gratitudine un dono della Provvidenza in cui aveva smesso di credere? L'assoluta banalità dei dialoghi tra Dotty e la sua unica amica non può non riportare alla mente gli anonimi personaggi carveriani; più nello specifico il modo di affrontare il lutto mi ha ricordato il racconto "Una cosa piccola ma buona", sebbene un nesso diretto non ci sia. Significativo a questo proposito che lo scritto della Ingalls sia del 1982, mentre il racconto di Carver del 1983, come a sottintendere che qualcosa nell'aria c'era, il bisogno inesprimibile di "qualcosa", mostro verdognolo o panino alla cannella che fosse.
Mrs. Caliban
Come tutte le mattine, Dorothy Caliban, dopo aver salutato dalla finestra suo marito Fred che va al lavoro, si dedica alle faccende domestiche con la radio in sottofondo. Mentre la giornata prosegue tra le incombenze quotidiane, stretta fra la solitudine e il naufragio del suo matrimonio, sente la notizia che dall'Istituto di ricerca oceanografica è appena scappata una creatura pericolosa, mezzo-uomo e mezzo-rana. L'immenso uomo-rana, approderà proprio nella cucina di Dorothy, chiedendole cibo e aiuto. È l'inizio di una deliziosa storia d'amore tra una casalinga, ormai rassegnata a un muto annichilimento, e una creatura anfibia in fuga dalla violenza della razionalità scientifica degli esseri umani: un'acuta critica sociale in cui il fantastico incontra la più cupa disperazione domestica. Una scrittura divertita e divertente caratterizzano questo romanzo amato, tra gli altri, da John Updike, Ursula K. Le Guin e Joyce Carol Oates, e paragonato dai critici a King Kong, ai racconti di Edgar Allan Poe, ai film di David Lynch, alla Bella e la Bestia, E.T., Il mago di Oz. C'è anche chi lo ha accostato al realismo domestico di Richard Yates, ai B movies horror, alle favole di Angela Carter. Ed è immediato pensare anche al più recente "The Shape of Water" di Guillermo del Toro. Riferimenti familiari e disparati che molto raccontano del fascino di questa novella singolare che sfida le convenzioni.
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Lingua:Italiano
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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LuigiAmen 03 maggio 2025La moglie del mostro
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Sapereaude 07 novembre 2021Una storia di fantascientifica banalità
148 pagine, una scrittura piana e dimessa, personaggi banali e anonimi, sentimenti squallidi, tutto di un grigio uniforme e deprimente. Unica nota di colore il verde dell'uomo-rana, catturato ed evaso dal laboratorio dove, col pretesto di analisi scientifiche, veniva torturato e persino abusato sessualmente. Fra il Mostruomo, come viene chiamata la creatura aliena, e Dorothy la protagonista nasce una storia d'amore. Lei lo nasconde in una stanza della casa (la cameretta del figlio morto adolescente) dove il marito non entra mai: niente di insolito, di fantascientifico. Il surreale non spezza, come ci si aspetterebbe, la tetraggine monotona di tutta la vicenda, ma ne viene inghiottito, quasi normalizzato, negli aspetti peggiori. Come si conclude la storia non lo rivelo, nulla di imprevisto comunque. Conclusione? Uno splendido romanzo (per me), uno di quelli che a libro chiuso continuano a mulinarti in testa e non ti lasciano. Un romanzo può essere analizzato con vari strumenti critici, sezionato, rivoltato, ma in nessun modo si potranno individuare gli elementi che ne fanno un capolavoro o uno scartafaccio. Mistero della letteratura. Questo può risultare insulso e noioso a qualcuno, forse ai più, credo che si tratti di diversi livelli di fruizione.
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