Nel solco profondo della lezione di Carver, che pare abbia davvero portato alla luce tutta una serie di grandi scrittori di "short stories", s'inserisce anche Charles D'Ambrosio, classe 1958, di Seattle, che può con gran diritto reclamare un posto di primo piano fra gli eredi carveriani. Se il suo collega Canty, è già al pari livello del maestro, D'Ambrosio è solo un gradino sotto e le sue storie, raccolte in due volumi, per ora, da minimum fax, sono esemplari nell'affondare chirurgicamente nella pancia dell'America. "Il Suo Vero Nome", l'esordio italiano, e questo "Il Museo Dei Pesci Morti", titolo emblematico, spostano i riflettori sulla gente comune, sui disadattati, sugli sconfitti, su chi è in cerca di consolazione da una solitudine infinita, che può essere rappresentata dai campi di mais dello Iowa o da un set di un film porno, da una casa sul confine dell'America o dalla follia controllata dei suoi personaggi. La luce è cupa, il tramonto vince sempre sull'alba, e la scrittura è magnifica, perfetta, al solito, per tutti questi scrittori, senza una parola di troppo, senza enfasi e banalità. Leggere questi autori insegna a scrivere, ad arrivare al nocciolo del problema in maniera affilata e potente. Grandissima letteratura.
Che siano falegnami sul set di un film porno, puntigliosi riparatori di macchine da scrivere o sceneggiatori di successo finiti in un ospedale psichiatrico, i personaggi di questi otto racconti lottano per superare il trauma di un abbandono o di una violenza, per comprendere la deriva delle persone amate, per mantenere la propria umanità in un'America marginale e dolente, provinciale e uggiosa.
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Anno edizione:2014
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Formato:Tascabile
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