La necessità del tragico
A partire dall'estrema tensione fra il creaturale e la crudeltà, su cui si è soffermata l'analisi del tragico moderno di Barnaba Maj, viene qui proposta una rilettura del Novecento letterario in cui le stragi e i genocidi del XX° secolo portano all'eruzione della voce dell'aorgico, come ferita aperta fra pietà e terrore. Sotto il segno della “contraddizione sofferente”, della lacerazione insanabile, della tensione fra voce corale e “mimesis del trauma”, prende forma una rinnovata attualità del tragico entro la quale si muovono le opere di Antonin Artaud e Paul Celan, di Amelia Rosselli e Sylvia Plath, di Samuel Beckett e Ingeborg Bachmann. Il libro presenta inoltre un percorso all'interno della letteratura italiana del Novecento volto a individuare le caratteristiche di una ripresa del tragico che parte da Dino Campana, Carlo Michelstaedter, Clemente Rebora e Cesare Pavese, per arrivare ad alcune delle esperienze più significative della poesia italiana contemporanea, come quelle di Giuliano Mesa, Milo De Angelis, Antonella Anedda, Marina Pizzi e Cosimo Ortesta.
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Anno edizione:2014
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