Leggendo Nella vita dei burattini mi sono resa conto di non condividere l’idea che sia il romanzo “meno riuscito” di TJ Klune. Al contrario, credo che qui ci sia una delle riflessioni più profonde dell’autore: quella sull’umanità. Klune ci porta in un mondo in cui robot e androidi hanno preso il controllo, uno scenario che, a ben pensarci, è la versione adulta delle domande che ci facevamo da bambini: “E se un giorno le macchine provassero emozioni?”. In questo senso, la storia mi ha ricordato il bellissimo film d’animazione ‘Il robot selvaggio’, soprattutto per la famiglia di personaggi (interamente robotica) che è con Vic per tutto il viaggio. Rispetto a ‘La casa sul mare celeste’ o ‘Sotto la porta dei sussurri’, qui l’amore assume una forma diversa: è la relazione tra un umano e un androide. Ma anche questo, in fondo, è un modo per interrogarsi su cosa significhi davvero sentire, scegliere, amare. Ho un tatuaggio che dice “sono i matti quelli che amano” e ne ho trovata una simile mentre leggevo! Klune scrive: “Sei matto? Oh, cielo. Che cosa umana che ti ho appena chiesto. Ma sul serio, sei matto?” Ed è proprio qui che ho percepito il cuore del romanzo: la follia, l’imperfezione, i gesti irrazionali, tutte cose così profondamente umane, sono presenti anche nei robot che popolano questa storia. Forse è anche per questo che, da amante dello sci-fi, quando oltre al metallo trovo anche emozione, allora per me è davvero magia. La vita dei burattini è semplicemente diverso: più cupo forse, più metallico, ma incredibilmente vivo. In ultimo, Klune scrive nei ringraziamenti un’altra delle sue frasi che mi ha colpito molto: “L’umanità è terribile, arrabbiata, violenta. Ma noi umani siamo anche magici e musicali. Balliamo. Cantiamo. Creiamo. Viviamo, ridiamo, ci arrabbiamo, piangiamo, ci dispiacciamo e speriamo. Siamo un fascio di contraddizioni senza capo nè coda. E non c’è nessuno come noi in tutto l’universo. Non credete che dovremmo approfittarne?”. 💚🎋🤖
