Non serve scomodare gli dèi. Il kitsch è dentro di noi
Che cos’è il kitsch? Come definirlo o caratterizzarlo nell’età del tramonto del buon gusto? I testi raccolti da Maurizio Cecchetti, articoli e recensioni scritti nell’arco di 20 anni, attraversano autori, artisti e opere differenti, tornando in modo ricorrente su alcuni grandi figure con cui si confronta la sua pratica di critico d’arte (qualche nome per tutti: Warburg, Baudelaire, Focillon, Longhi) ma anche extra moenia in ambito letterario (Kafka e Proust, ma anche Sciascia, Pasolini, Kundera, Carrère) e lasciando affiorare qui e là, quasi sempre in modo implicito, il profilo del kitsch come tratto caratteristico, dominante, dell’età e del mondo che a nostra volta attraversiamo. Una sorta di categoria universale per leggere il presente. Troppo di tutto, questo è forse oggi il kitsch: la nostra è un’età piena di «segni, linguaggi, cose, stili, parole indipendenti» che affollano le città, le arti, la letteratura, le architetture; un mondo troppo pieno, in cui dalla cultura pop, dalla sensibilità postmoderna, dal desiderio affannoso e confuso di bellezza tracimano in modo inarrestabile colori, musiche, narrazioni che saturano i sensi, l’immaginario, il desiderio. Oggi non sarebbe più possibile ridurre semplicemente il kitsch, come suggeriva quasi un secolo fa Hermann Broch, al male nell’arte. Dalle pagine di Cecchetti emerge una figura mobile, dai confini e dai significati ambivalenti, spezia che insaporisce in modo forse indispensabile tanti eventi che attirano folle desiderose di immergersi nel flusso trascinante del reale – un flusso che assomiglia terribilmente al movimento inarrestabile del denaro e del mercato, o forse invece è sfondo indispensabile per chi cerchi ancora per contrasto le tracce di un’arte che miri alla seduzione della verità, e non del bello. Davvero, il kitsch oggi è inafferrabile, sfuggente: è ovunque, troppo, lievito fastidioso e indispensabile della vita quotidiana. Perché «il kitsch non è il brutto o il cattivo gusto, ma il come se ne fa uso a fini estetici»; è il testimonial perfetto e ambiguo dell’attrazione e del dominio del mercato. È indefinibile. Già, che cos’è il kitsch?
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Anno edizione:2025
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