Tutti gli album dei Nevermore sono sempre stati caretterizati da una notevole qualità media e da una certa capacità di innovarsi, grande merito quest'ultimo in una scena sempre più invasa da band derivative e con poca personalità. Ecco, questo nuovo album pur mantenedo una qualità eccelsa e in linea con la storia della band, non fa però segnare praticamente alcun elemento di novità. In particolare quest'album mi sembra molto vicino allo splendido "dead hearth in a dead world" o all'ultimo lavoro solista di Warrel dane per il suo approccio un pò più "easy listening" ( ma nel senso buono e non commerciale del termine) rispetto ad album mastodontici e di più difficle assimilazione come ad esempio "the politics of ectasy" o "this godless endeavour". Molti i pezzi validi, da " and the maiden spoke" a "emptines unosbructed", notevole il lavoro di jeff loomis alla chitarra, con una pioggia di riff e assoli davvero ispirati, favoloso come al solito il lavoro di dane dietro al micorfono. Però, come dicevo in apertura, in questo disco comincia a farsi strada un certa sensazione di già sentito, che suona come un inquietante campanello d'allarme e che determina come conseguenza una longevità limitata rispetto ai precedenti lavori. Sperando che in futuro riescano a ritrovare il corraggio di rischiarare , per ora li promuoviamo ancora a pieni voti. Voto 7.5/10
