Tremate, tremate... i Julie's Haircut son tornati!. E' proprio il caso di dirlo in apertura, anche se il 2009 ha sfornato molte buone produzioni, “Our Secret Ceremony” può essere considerato, a tutti gli effetti, la migliore. Affermarlo potrà sembrare un eccesso di zelo ma, prendendo in considerazione la staticità del panorama musicale, sembra davvero doveroso scomodare le giuste fiducie per accogliere un disco valido. E te ne rendi conto ancor prima di ascoltalo, dando il giusto peso ad ogni particolare grafico, tattile o addirittura numerologico (il disco è fondato sulla ricorrenza del numero tre ed i suoi multipli n.d.a.) che, senza ombra di dubbio, in questa produzione regna passione maniacale e un talento indiscusso al servizio di una febbricitante creatività. Tutto inizia, viaggia e ramifica da questo punto infatti, dai percorsi che tale estro ha portato ad intraprendere, alimentando, con un comune scambio, un continuo ciclo di idee che portano a scelte che fanno evolvere idee che portano a scelte. In questo lavoro troviamo, pertanto, tutto il passato sonoro del gruppo, come una somma di passi utili a definire il proprio presente, capace d'essere in continua evoluzione, pur lasciando ben visibile il segno del loro trascorso. La leggerezza pop degli esordi, quindi, si fonde con la naturale voglia di sperimentazione degli ultimi tempi e, complice anche il bisogno di spingersi oltre per il gusto personale di non ripetersi, danno alla luce un disco eterogeneo in cui tutto si trova minuziosamente al suo posto. Pur trattandosi di un lavoro monumentale, ovvero ben 90 minuti di musica, non ci sono riempitivi o pezzi meno validi, in quanto ognuna delle 15 tracce apre le porte ad universi, sempre in perfetto stile Julie's, capaci di non prevaricare l'uno sull'altro se non, forse, per gusto personale. Così, appena premiamo play, “Our Secret Ceremony”, diviso in due cd (pt.1 Sermons / pt.2 Liturgy), ci porta, con impeccabile cognizione di causa, in mondi psichedelici, rock, elettronici, kraut, ambient, funky, free jazz o space, in cui nella fase-sermoni vengono rispettati prevalentemente i concetti della forma canzone, se con questa dicitura si può indicare, e nella fase-liturgie vengono privilegiati gli aspetti più ludici del comporre, dando libero sfogo ad improvvisazioni dal sapore libero ma non per questo meno ricercate e considerevoli. Se quindi con “After Dark, My Sweet” si aspettava al varco la nuova svolta stilistica del gruppo e la conferma della loro eclettica rilevanza nel panorama musicale, si può affermare senza remore che non solo i propositi sono confermati, ma addirittura superiamo la soglia delle aspettative preposte. Da non perdere.
