Dopo "Bad Land", l'autore inglese riprende la sua esplorazione dell'America meno conosciuta affrontando l'oceano o meglio il Passaggio Interno, un dedalo di bracci di mare che si estende dall'estremo Nordovest degli Stati Uniti continentali all'Alaska, lambendo la costa occidentale del Canada. Attraverso lo specchio deformante dell'Alaska, l'ultima frontiera, terra dello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e dei miraggi di arricchimento facile, delle città che nascono e muoiono nell'arco di una generazione e degli orsi che frugano nei bidoni dell'immondizia, Raban ci offre un ritratto dell'America pieno di contraddizioni e di fascino.
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Einaudi; 2003; 9788806165857; Rilegato con sovracoperta; 22,5x14,5 cm; pp. 406; Traduzione di M. Bosonetto. Prima edizione.; minimi segni d'uso alla sovracopertina, interno ottimo; Molto buono (come da foto). ; Dopo il Montana di Bad Land, il paese «a mille miglia dall’oceano più vicino», Jonathan Raban riprende la sua esplorazione dell’America meno conosciuta affrontando proprio l’oceano, o meglio il Passaggio Interno, quel dedalo di bracci di mare che si estende dall’estremo Nord-ovest degli Stati Uniti all’Alaska, lambendo la costa occidentale del Canada. Raban naviga sulla scia della spedizione britannica del capitano Vancouver alla fine del XVII secolo, dei pescherecci supertecnologici che mettono a rischio la sopravvivenza dei salmoni, dei missionari e degli antropologi ottocenteschi, delle tribù che fino a un secolo fa costituivano la civiltà indigena più artisticamente prolifica del Nordamerica, custode di una letteratura orale ricca e di un immaginario figurativo misterioso come i riflessi dell’oceano. Attraverso lo specchio deformante dell’Alaska, l’ultima frontiera, terra dello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e dei miraggi di arricchimento facile, delle città che nascono e muoiono nell’arco di una generazione e degli orsi che frugano nei bidoni dell’immondizia, Raban ci offre un ritratto dell’America pieno di contraddizioni e di fascino. «Il mare mi fa paura. Mi fa paura il crepitio da incendio nel sottobosco delle onde che si frangono trasformandosi in schiuma; il risucchio intimo del gorgo della marea; l’apparizione dell’oceano che si gonfia, sinistro e scuro, nella calma senza vento; la maretta, il mulinello, la corrente; la semplice profondità abissale dell’acqua, quando galleggi come uno scarabeo fiducioso su una superficie in tensione. In mare la razionalità mi abbandona. Ho visto il cipiglio sprezzante e ostile di un’onda staccatasi dal branco per colpire la mia barca. In due occasioni ho giurato davanti a Dio che non...
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Anno edizione:2003
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