Elementare, Randolph

Un giallo quasi al di fuori dei confini del giallo. Un'avventura, anche, ma non del solito eroe bello e spensierato, bensì di un cane, il labrador di Harry, un certo Randolph che già dal nome suggerisce al lettore la sua natura. Sì, perché Randolph non è un cane come gli altri. È un cane senziente, anche se non dotato di favella come gli umani. Ha fiuto, certo, e per scovare certi indizi è perfino un segugio. Il suo diletto, infatti, oltre a leggere Dante, è risolvere misteri come un novello Sherlock Holmes. J.F. Englert ha saputo andare oltre il giallo, senza togliere nulla al genere. Ha creato una nuova tipologia di detective, senza stravolgere i meccanismi del racconto poliziesco. Ha mantenuto il mistero e ha lasciato intatti gli elementi del giallo, mettendo in scena un personaggio che starebbe bene in una storia disneyana. Ma le avventure di Randolph non sono un racconto per bambini. Non si prestano a una sorta di cartone animato. No. Randolph non parla, non è per nulla umanizzato. Elementare, Randolph è un romanzo giallo in tutto e per tutto. La novità introdotta da Englert è nel punto di vista. È nel narratore che ci racconta la storia. E questo narratore, questa voce fuori campo, è proprio lui, Randolph. L'altra novità sta nell'aver creato una sorta di diario, ogni capitolo è come scandito da precisi momenti e situazioni, in cui il giallo da risolvere è soltanto il piccolo tassello di un giallo ben più grande e oscuro.