Ci sono volte in cui leggo appassionatamente un libro e poi mi dico "ora ne scrivo uno così pure io!" Dopo nemmeno 2 pagine si scopre che l'enfasi e l'entusiasmo spesso non sono accompagnati dal talento e dall'originalità e quella che appariva come una idea brillante, ad una seconda lettura appare già come un plagio di imbarazzante qualità. Ora non voglio dire che il Nostro pecchi di originalità nella stesura de Il Regno Perduto, ma il libro non ha convinto la giuria da me rappresentata e presieduta, anche se risulta più maturo stilisticamente del pluri premiato Pyramid. Più che nella meta il piacere è nel viaggio sembra essere il leit motiv di un racconto incentrato sul desiderio di andare, di trovare un collega ed amico sperduto tra Cina e India nelle remote ed inospitali foreste del Tibet. Libro on the road, dove, ecco un pregio, la strada non è solo quella fisica ma quella spirituale, tracciata attraverso la ricerca della verità tra mito religione e misticismo. Intessuta in maniera impalpabile (e questo non è un pregio) con le vicende che legano il governo cinese al Tibet, la storia perde l'occasione di premere il pedale dell'azione. Nessun commento sul finale, assolutamente originale anche se spetta al lettore se lo desidera davvero. Libro fuori catalogo, ma per avere un'idea precisa c'è l'ebook a prezzo interessante.
