La straordinaria e raffinata silloge "Ritratto del poeta in autunno" è una stupenda raccolta di poesie empatiche e sociali. Colacrai in numerosi componimenti parla dei "vinti": persone emarginate, considerate diverse, martiri che sono morti durante attentati, o sono stati vittime di efferate violenze. In queste liriche intense e dilaceranti dipinge gli ultimi istanti di "cristi" condannati e fragili, di innocenti angeli a cui sono state strappate le ali e le vite all'improvviso. L'autore svela interiorità inespresse attraverso corpi ricettivi, esposti, "molli", "nudi" e "umidi", conchiglie che, quando si schiudono, mostrano le loro fragilità sfolgoranti di preziosità. La vulnerabilità di quella poesia di carne e di sangue che è l'uomo viene descritta in tutta la sua luminosa potenza in canti di rivoluzione che entrano nel cuore e scuotono la mente. Sono troppe le ingiustizie e le disuguaglianze che ancora si compiono ovunque nel mondo e in potenti poesie contro il bullismo e contro la discriminazione Colacrai parla di sé e si fa portavoce di tutti coloro che devono continuamente subire violenze di ogni tipo, semplicemente perché considerati diversi. Attraverso l'amore per la letteratura, la storia, l'arte, il cinema e la musica Colacrai conduce in ogni meandro dell'animo umano, con poesie "senza lancette" in cui passato e presente comunicano profondamente, autunno e primavera coesistono, e ogni momento resta vivido nella memoria. "Non dimenticare" è l'undicesimo comandamento e può far sì che l'umanità migliori imparando dai propri errori. Questa splendida silloge contiene anche molte poesie intime come le dediche al padre, alla madre e al suo cane Manny a cui parla attraverso alcuni versi della canzone "Nessuno vuole essere Robin" di Cesare Cremonini. Consiglio a tutti questa meravigliosa raccolta di poesie d'amore e rivoluzione che parlano di umanità e sofferenza con un registro alto e sublime, colmo di rara empatia.
Ritratto del poeta in autunno
"I versi di Colacrai traggono linfa dalla dimensione della storia di un genere umano che sembra aver smarrito le sue insegne e crocifigge gli angeli cui è toccata la stimmata della non conformità alla massa. […] È una poesia in cui si può persino avvertire l'odore della pelle (ma anche del sole della neve del sangue) così come il tanfo delle prigioni in cui si consumano agonie silenziose. Il verso a tratti si dilata facendosi narrazione; rifugge la cantabilità ma ha una sua musica tutta interiore che il lettore attento avverte distintamente. Le immagini germinano le une dalle altre, mai scontate; alcune si imprimono nella memoria. […] Se questa silloge – alle porte dell'autunno – ci inchioda alle tante croci di cui ignoriamo l'esistenza – e da cui molti non si sentono toccati – la sua è anche una poesia in cui percepisci la forza della speranza, nell'auspicio che ci siano figure come quel padre-professore quasi sulla soglia della raccolta, “con il coraggio che bruciava come un'instancabile stella cometa”." (Dalla postfazione di Gianni Antonio Palumbo)
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Anno edizione:2024
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Elisa 06 dicembre 2024Una silloge raffinata e straordinaria che parla di resilienza e rivoluzione
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