Sia fatta vendetta

In un tardo pomeriggio di febbraio, mentre il vento porta un annuncio di gelo e le lampade a gas baluginano nella foschia, l'avvocato Daniel Pitt raggiunge il laboratorio annesso a uno degli obitori cittadini. Accolto dal caratteristico odore di acido fenico e liscivia che non riesce a mascherare il lezzo della morte, trova ad attenderlo due anatomopatologhe intente a esaminare sul tavolo autoptico il corpo insanguinato di una ragazza. Ventotto o ventinove anni, nessun segno di violenza carnale; sembra escluso il movente della rapina. Pugnalata più volte con una lama curva affilatissima, come in un raptus di furioso accanimento, non è la prima a cadere vittima di questo efferato modus operandi: nei giorni precedenti un'altra era arrivata con ferite molto simili. Entrambi gli omicidi sono avvenuti al crepuscolo sotto una pioggia battente, quando i passanti infagottati negli impermeabili e celati dai cappelli a larga tesa appaiono indistinguibili. C'è poi un particolare agghiacciante che elimina qualsiasi dubbio sulla natura seriale di questi crimini. Un particolare di cui sarà opportuno tenere all'oscuro l'opinione pubblica per evitare il diffondersi del panico. Nessuno potrà dirsi al sicuro finché l'ignoto Accoltellatore della Pioggia si aggirerà per le strade di Londra.