Solitudini urbane. Viaggio sentimentale e spettrale nel cinema di Tsai Ming-liang
Tsai Ming-liang, una delle figure di punta del Nuovo Cinema di Taiwan, esordisce nei primi anni Novanta. Il suo è uno stile radicale che porta lo spettatore a cogliere immediatamente il tocco della sua regia: un lento susseguirsi di inquadrature statiche ed indulgenti, come fossero tante pitture in sequenza. Ming-liang, porta avanti una visione di cinema anti-spettacolare lontana mille miglia dal richiamo mainstream, dove il valore cultuale del cinema, come forma di spettacolo e intrattenimento, viene sostituito dalla costante osservazione della banale decadenza del quotidiano. A Ming-liang interessa sbirciare nelle pieghe della misera quotidianità, imponendo ad ogni fotogramma la straziante inerzia dell’attesa di un cambiamento. Snida la più infinitesimale e apparentemente insignificante porzione di sguardo, creando una nuova visione di cinema che prosegue su una doppia traiettoria. La sua visione personale sul mondo e sull’umanità, e la visione che dovrebbe tenere lo spettatore posto davanti a un suo film, cambiando completamente approccio di lettura nei riguardi dell’oggetto filmico. Contributi di Barbara Rossi, Barbara Grassi, Francesco Saverio Marzaduri, Juri Saitta.
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Anno edizione:2024
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