Claustrofobico e martellante, orecchiabile e dissonante, uno dei dischi meno immediati che non riuscirete più a togliervi dalla testa. Il suono del post-punk della band di Detroit riprende i riff obliqui tipici della band e amplia la sua palette con una sezione di fiati e violoncello. Torna l'inconfondibile timbro di Joe Casey, robotico, rauco e avvolgente al tempo stesso, a dare voce alle sue liriche impressionistiche alienanti e asfissianti, talvolta indecifrabili, talvolta urla di angoscia e inquietudine sulla condizione umana moderna, con alcune delle canzoni unite da un appena visibile filo conduttore quasi a formare un concept album. Apre l'ipnotica "Day Without End", seguita dalle esaltanti e apocalittiche "Processed by the boys" e "I am you now". Mentre "The Aphorist" e "June 21" (quest'ultima con la delicata voce femminile di Nandi Rose Plunkett in piacevole contrasto con il drone di Casey) ci portano in mondi lontani non dissimili dalle atmosfere del precedente disco "Relatives in descent", il lato B torna a martellare con "Michigan Hammers", "Tranquilizer" e "Modern Business Hymns", forse la più riuscita del disco. Le due tracce finali non riescono forse ad eguagliare il livello di coinvolgimento fin qui raggiunto, ma non vanno a detrarre dalla qualità complessiva di un album giustamente acclamato da pubblico e critica.
