Bene, che dire dell’Uomo in bilico di Bellow? Letteratura USA gran bella e gran profonda letteratura. Sarà che mi sono letto due capisaldi di quello che in una precedente recensione ho chiamato il Neorealismo in salsa USA, ma è proprio vero che tempi duri forgiano opere e intelletti sopraffini, in questo senso "tempi oscuri, eppur fecondi". Siamo nel 1942, tempo di guerra, tempo di razionamento anche per quel paese di opulenza, un freddo e grigio inverno sulle rive urbane del lago Michigan. L’incertezza del futuro impregna l’aria, impregna la vita che, in qualche maniera, scorre lentamente sospesa in attesa di qualcosa. Quel qualcosa, per Joseph, il protagonista, giovane intellettuale canadese, è l’attesa della chiamata alle armi. Assistiamo a una sorta di caduta negli inferi di Joseph, sempre più pensieroso, sempre più chiuso, sempre più distante dalla realtà, anche familiare, sempre più scontroso, sempre più in guerra con tutto e con tutti. Risulta antipatico Joseph, persino al lettore più mansueto, ma ti attanaglia alle pagine con la sua ansia di vivere, con la sua voglia di ribellarsi e capire dove andare a parare, che fare, come risollevarsi – la forma a mo’ di diario con cui è scritto Uomo in bilico rende benissimo la trasmissione del sentimento angosciante. Alla fine, non ce la fa: alla fine la cosa più bella che egli stesso è disposto ad accettare è accelerare la sua partenza per una guerra lontana, una guerra d’altri. Perché, quando si è in preda al dolore e alla sofferenza intima, quando picchi la testa contro il muro e ti senti un pesce fuor d’acqua, allora “… non mi dispiace di lasciare tutto il resto. Non sono più responsabile di me stesso, e questo mi fa molto piacere. Sono in altre mani, affrancato da ogni dovere di decidere di me stesso, liberato dalla libertà. Urrà per i regolamenti! E per il paternalismo! Evviva l’irreggimentazione!”.
Uomo in bilico
Chicago, 1942. In attesa di essere chiamato alle armi, Joseph, giovane intellettuale canadese, lascia il lavoro e inizia a condurre una vita isolata, sempre più estraneo alla moglie, agli amici, al resto dell'umanità. Protagonista del romanzo d'esordio (1944) di Saul Bellow, Joseph è il testimone del senso di smarrimento e alienazione dell'uomo moderno e il simbolo di una generazione cresciuta tra la Depressione e la guerra. Ma soprattutto è il primo di quei personaggi fondamentalmente autobiografici mediante i quali lo scrittore inizia a misurarsi con la tradizione letteraria americana, e con quella ebraica in particolare: un'identità sempre "in bilico" che Bellow sa descrivere con amarezza e ironia insieme.
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Anno edizione:2025
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Baraclaus 17 novembre 2025Tempi oscuri, eppur fecondi
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