«Acquasanta» di Valentina Gebbia, quinto episodio di una ormai collaudata saga di gialli, già dal titolo lascia evocativamente trapelare, come in un lucidissimo lapsus freudiano, ciò che è e che vuole essere per il lettore: uno strabordante concentrato di quella peculiarissima sicilianità che è la "palermitanità", la quale, come in un suggestivo gioco di specchi, fa sì che il protagonista del racconto, lungi dall'essere l'investigatore Terio Mangiaracina, sia in realtà proprio il capoluogo siculo, il quale, con la sua prepotente personalità, lascia allo sgangherato detective soltanto la pia illusione di trovarsi al centro del palcoscenico. Una Palermo primadonna che esprime il suo ingombrante protagonismo attraverso i sapori e gli odori della onnipresente tradizione culinaria siciliana, attraverso il colore e la musicalità delle espressioni dialettali messe in bocca ai personaggi, e attraverso l'accuratezza delle descrizioni fotografiche che centrano l'obiettivo di rendere giustizia al fascino del paesaggio isolano. Un fascino nel quale rientra a pieno titolo anche quella atmosfera vagamente cialtronesca e grottescamente noir di cui è sapientemente e intelligentemente intriso il libro.
Dopo sei anni tornano finalmente le avventure e le investigazioni della famiglia Mangiaracina, e in tanto tempo le cose cambiano anche per Terio e Fana. Dalla colorita realtà di Borgo Vecchio la famiglia si trasferisce all'Acquasanta, regalandoci un nuovo scorcio di Palermo. "Acquasanta" è infatti il nuovo titolo di questo romanzo della serie, nel quale un misterioso crimine che toccherà da vicino l'anima di Terio si intreccerà con le riprese di un film al quale Fana collabora con passione, innamorandosi profondamente di quest'arte... e non solo. Sullo sfondo una Palermo dipinta in chiaroscuro con tutte le sue contraddizioni, culla di misteri e di culti pagani legati a una arcaica dea madre. Una figura potente, quest'ultima, che emerge dai resti antichi della città lasciando il proprio segno sul luogo del delitto: una mano insanguinata, che ricorda un'altra storia cara alla memoria della Sicilia, quella della baronessa di Carini.
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Anno edizione:2013
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