L'aggredito e l'aggressore, forse - Alessio Martini - copertina
L'aggredito e l'aggressore, forse - Alessio Martini - copertina
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L'aggredito e l'aggressore, forse
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Descrizione


Un romanzo in cui i dialoghi sono un'invenzione letteraria, ma sono basati su fatti storici. Il lettore incontra gli ammiragli Rožestvenskij e Nebogatov, prigionieri dei giapponesi dopo la battaglia di Tsushima: il primo si è battuto con eroismo e il secondo ha scelto invece di arrendersi senza combattere. Nel capitolo successivo Clara Immerwahr – moglie di Fritz Haber, lo scienziato ideatore dei gas tossici – preferisce il suicidio piuttosto che vivere con un criminale di guerra. Nell'ultimo capitolo i dubbi di Oppenheimer, che dopo Hiroshima si sente le mani sporche di sangue, si scontrano con le certezze granitiche di Teller, convinto della necessità di annientare il pericolo sovietico. I discorsi dei protagonisti, anche se inquadrati in eventi del passato, appaiono come un continuo presente in cui emergono le parole d'ordine di oggi, evocate già nel titolo: ma di fronte alla storia appaiono come narrazioni autoassolutorie e ipocrite.

Dettagli

12 settembre 2024
126 p., Brossura
9788869156205

Valutazioni e recensioni

  • Caterina1991
    Un romanzo storico in cui i dialoghi sono immaginari, ma i personaggi e i fatti narrati sono veri

    Dopo aver letto i primi due romanzi di Alessio Martini, ho letto anche il terzo, non appena è stato pubblicato. Lo scrittore ritorna a un romanzo storico e militare, sulla scia di Salvare i naufraghi, ma questa volta la presa di posizione politica è chiaramente riferita alle guerre dei nostri giorni ed è un’accusa contro le attuali classi dirigenti. La cornice storica è rappresentata da tre guerre che segnarono il XX secolo e i protagonisti sono personaggi realmente esistiti, poco conosciuti oppure celeberrimi. Ma il momento storico non è così importante: i discorsi dei protagonisti, anche se sono ambientati nel passato, si presentano al lettore come un continuo presente. Gli argomenti sono quelli che anche oggi leggiamo sui giornali o ascoltiamo nei dibattiti televisivi e diventano un refrain ossessivo: l’aggredito e l’aggressore, la guerra di difesa che è sempre giusta, le armi sempre più micidiali e distruttive che servono alla pace, il rifiuto di qualunque trattativa diplomatica e di qualunque compromesso, la presunta superiorità morale di una parte rispetto all’altra. Nel romanzo le odierne narrazioni, messe a confronto con la storia, appaiono come una propaganda menzognera e ipocrita che cerca di nascondere una realtà inconfessabile eppure ovvia: le guerre sono sempre apportatrice di stragi e distruzioni, derivano da ambizioni imperialiste, trascendono in una sequenza di reciproci crimini di guerra. Anche la difesa si può tramutare in una vendetta senza limiti – come a Dresda e Hiroshima - e il rifiuto della diplomazia conduce soltanto a uno sterminio all’ultimo sangue. Infine, una nota letteraria. Il capitolo centrale, dedicato a Clara Immerwahr è sconvolgente. La scena è un inferno di famiglia alto-borghese, degno di Strindberg; e il suicidio – tema ricorrente in tutti i romanzi dell’autore – è l’unico esito possibile.

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