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Anno edizione: 2010
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La forza di questo romanzo sta nello stile narrativo: interamente incentrata sul punto di vista del protagonista, la vicenda arriva al lettore attraverso il potente filtro della mente eclettica, raffinatamente complessa e compostamente smaliziata di un giovane gallerista di New York, Peter Harris. Egli, sposato con una donna oggetto da sempre della sua ammirazione, sinceramente innamorato del proprio lavoro, incastrato in quella che, se non proprio perfetta, è una vita che non gli è certo parca di soddisfazioni, viene improvvisamente investito da un’irresistibile infatuazione nei confronti del fratello della moglie, ospite a casa loro per alcuni giorni. Costui, dannatamente giovane e dannatamente bello, reduce da una brutta storia di droga, e pertanto ancor più irrecuperabilmente dannato, appare da subito agli occhi di Peter come l’incarnazione di quella perfetta bellezza di cui egli ha sempre desiderato impadronirsi ma che, quasi come una nemesi per un esteta di professione come lui, non è mai riuscito a possedere. Ne deriva un racconto avvincente fatto di sensazioni e pensieri, di silenzi e sussurri, di eros e pudore. E il finale a cui approda il lettore è di quelli che certamente spiazza: non eroico, né mellifluo, decisamente non avvincente, ma neppure banale, come il finale di un sogno che, dopo aver turbato l’animo di chi dorme, semplicemente finisce, non preoccupandosi di come sarà il risveglio.
Non saprei, questo libro ha generato in me reazioni ambivalenti. Ha avuto il potere di annoiarmi in alcuni punti e irritarmi con le continue interruzioni (orientate a descrivere luoghi, persone - della cui vita spesso mi sono domandato cosa me ne fregasse - ed opere d'arte - talvolta interessanti, altre volte incomprensibili... non essendo pero' io un esperto d'arte...) a dialoghi e situazioni. Ad esempio l'unica, breve e insignificante, conversazione telefonica tra il protagonista e la figlia è stata completamente diluita dalla descrizione di edifici, strade e quartieri di New York. Al contempo mi domando pero' se la vicenda possa andare diversamente da come è stata narrata e la risposta a mio parere è no. La vicenda doveva andare esattamente così, non riesco a vederla diversamente, sebbene alla fine essa si riduca a poche pagine, il resto sono chiacchiere, seppur dense e di qualità! Insomma, non l'ho trovato un brutto romanzo ma nemmeno un capolavoro. Il tema costante di tutto il romanzo: la bellezza nelle sue numerose sfaccettature. Lo consiglio ai lettori di Cunningham ma a chi si accosta per la prima volta a questo autore consiglio di cominciare con altri romanzi dello stesso.
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