L'alfabeto del buio
"L'alfabeto del buio" non vuole gettare la luce di un riflettore sui sospiri, ovvero la presenza del corpo nella voce, né sul grido, quando il corpo ha solo la voce e non trova parole. Queste parole trovano una forma che comprende i sospiri e il grido in un gioco di esaltazione e conflitto tra la luce e il buio, sovvertendo o confondendo l'abituale percezione. È per auspicata cecità che le figure si stagliano più nette. È così che si vince il tempo intento a logorare, di queste figure, i tratti immediati. Anche i sentimenti, gli sguardi sulla vita di ogni giorno, vengono in nuova luce a patto di essere visti come ombre, sul lato, dunque, della loro caducità, del loro fragile permanere, dubbioso in sé e per ogni "io" che ne voglia fare suo proprio saldo possesso. Come se le ombre, nel loro netto contorno, proiettate su uno schermo che ne imprime più nettamente la figura, fossero più salde dei corpi, destinati a patire l'istante che li vede apparire, sempre incerti, fugaci. Le fotografie di Danilo Massi, a questo proposito, sono una scelta allo stesso tempo felice e azzardata: forse fin troppo consone al dettato poetico, risvegliano però un supplemento di interrogazione, nella convivenza sia dell'una che dell'altra esperienza artistica.
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Anno edizione:2020
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