Recensioni L'anno della garuffa

16 marzo 1978. Poche ore prima del rapimento di Aldo Moro avviene un altro sequestro, questa volta però la vittima è un bambino. Luca Barnaba ha solo dieci anni, ma la sua vera colpa è quella di essere il figlio di un facoltoso e chiacchierato imprenditore di un’imprecisata città del Sud in cui il contrabbando di sigarette non è considerato un reato. In questa sponda fortunata di un Paese dilaniato dagli anni di piombo Monica, figlia di amici dei Barnaba, assiste a una strana inversione delle leggi morali che dovrebbero regolare la vita degli adulti. Se conoscesse il biliardo all’italiana la definirebbe una garuffa, ma lei ha tredici anni e può solo guardare per cercare di capire cosa sta accadendo nel suo mondo. Ci prova con l’aiuto di una giovane giornalista che, come lei, continua a porre domande scomode. Insieme arriveranno alla verità, ma sarà Monica a trovare la forza di cambiare vita. Un romanzo che ci riporta a una stagione intensa della storia italiana, una storia che rilegge il caso Moro come metafora della perdita della fiducia nel “mondo dei grandi” e scava nell’anima della generazione a cavallo tra la guerra e il boom economico.
Proposto da Ilaria Catastini al Premio Strega 2025 con la seguente motivazione: «Gli anni di piombo, una provincia del Sud Italia intrisa di contrabbando, speculazione e violenza, famiglie con relazioni coniugali disintegrate, assuefatte alla sete di denaro e potere. In questo contesto due giovani donne, una adolescente e una aspirante giornalista, si misurano con un caso agghiacciante di cronaca: un bambino, figlio di un facoltoso uomo d’affari, viene rapito proprio nel giorno del rapimento di Aldo Moro. Il biliardo all’italiana e il suo tiro a effetto più difficile, la garuffa, che inverte la traiettoria prevedibile di una biglia e cambia lo scenario sul tavolo da gioco, è la metafora di due eventi – l’esecuzione dello statista e l’epilogo del rapimento del bimbo – che cambiano il corso della storia del Paese e di tante storie individuali e che segnano, entrambe, la perdita dell’innocenza e lo scontro con una realtà di tradimento e omertà. La scrittura di Anna Di Cagno riesce a rendere efficacemente, con il suo stile giornalistico essenziale, le atmosfere sociali e quelle interiori e le dinamiche anaffettive dei rapporti. L’autrice interpreta con una lettura profonda e precisa lo stato d’animo di una umanità avvilita dalla perdita di valori e dall’assenza di amore.»
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