Arrigo Procaccia di religione israelita. Un finanziere nella tempesta delle leggi razziali
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<p>Collana "Memore", 7 - Brossura editoriale di 112 pagine. Copia in condizioni pari al nuovo; testo non comune -- In pochi mesi, secondo la volont&agrave; dello Stato italiano, gli ebrei persero il diritto a potersi sposare liberamente, a poter frequentare scuole &ldquo;normali&rdquo;, di poter lavorare in enti pubblici o di interesse nazionale, ad avere alle loro dipendenze lavoratori &laquo;ariani&raquo;, a detenere una radio o un telefono, a possedere beni superiori a una determinata cifra, nonch&eacute; - cosa forse pi&ugrave; offensiva - da quel momento essere iscritti nei registri civili come di &laquo;razza ebraica&raquo;, una sorta di marchio distintivo per tenere sotto controllo gli israeliti. Io come israelita, compresi che qualcosa si era ormai lacerato; che il peggio era l&igrave; da venire, tanto pi&ugrave; che stava colpendo ancora di pi&ugrave; in modo pi&ugrave; intimo la mia stessa esistenza di cittadino. Fu ai primi di settembre che in caserma ci fu consegnato un questionario da compilare. In esso veniva chiesto di dichiarare la propria razza, quale religione professassero o avessero professato i propri genitori e tutta una serie di quesiti volti ad individuare, con un tono che giudicai invasivo, chi fosse ebreo.</p>.
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Anno edizione:2011
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