Una suite tutta d'un fiato per un ensemble che, pur quanto articolato nella composizione, ci appare più che mai omogeneo nel perseguire un'espressività selvaggia, furiosa, in alcuni passaggi incontrollata. Del resto in quegli anni non è possibile un approccio diverso! Coltrane ne è consapevole, ha imparato la lezione: e allora via da ogni formalismo, fuori dallo schema rigido del quartetto, spalanca il suo orizzonte creativo come mai prima. E sono sorprese: nelle due suite si ripercorre la grande lezione di Coleman, si richiama Mingus, risuonano fantasmi Ayleriani. La tradizione non viene rinnegata ma, ampiamente metabolizzata, si sublima in un progetto solo apparentemente caotico, nel quale il tappeto di fiati e il pulsare di contrabbasso e batteria, rappresentano il tessuto connettivo su cui dipanare un canto nero scandito dagli assoli, alcuni letteralmente parossistici, dei solisti. Chi sostiene che il free è solo rumore, ascolti questo disco!
