Forse chiunque conosca Wilde ha almeno sentito parlare del suo "De Profundis", la lunga lettera che Wilde scrisse al suo amato proprio mentre scontava un periodo di carcere per la loro relazione omosessuale (e quindi proibita). Allo stesso tema si può ricondurre questa ballata, che Wilde scrisse una volta scarcerato riprendendo uno degli antichi generi letterari inglesi. Se in "De Profundis" Wilde raccontava l'alienazione della vita in carcere con intento quasi pedagogico nei confronti del giovane amante, ne "La Ballata" l'autore riflette sulla'(in)utilità della pena di morte, e su come proprio le pene più gravi siano quelle che maggiormente necessitino di perdono. Riflessioni profonde, ancora attualissime.
La ballata del carcere di Reading. Testo inglese a fronte
Si può forse sostenere che la fortuna letteraria di Oscar Wilde sia indissolubilmente legata al declino della sua fortuna nella vita; se è vero, infatti, che ben prima del processo che lo avrebbe condotto in prigione la fama di Oscar Wilde brillava tanto in Inghilterra quanto in Europa, è pure vero che proprio l'esperienza tragica del carcere lo avrebbe portato a scrivere due delle sue opere più importanti, entrambe legate a quegli anni brutali: la lettera-confessione del De Profundis e questa Ballata del carcere di Reading, che ne costituisce il suo pendant poetico ma che insieme se ne distanzia. Come osserva infatti Federico Mazzocchi nella prefazione, "vi è molto dell'esperienza personale nelle centonove stanze di questa Ballata, eppure mai come in questa poesia potrebbe apparire valido anche il contrario: un'incessante tensione agli universali dell'umano, il senso autentico di una solidarietà tutt'altro che filantropica, ma esperita nell'interiorità". Ed è senz'altro vero quanto sosteneva Richard Ellmann - forse il maggiore dei biografi di Oscar Wilde - a proposito di questa Ballata, e cioè che "una volta letta, non si dimentica più". Tra fama e scandalo, tra arte e vita, si compiva così il destino di una delle più importanti figure della letteratura di fine Ottocento. Completa il presente volume un breve saggio di Hugo von Hofmannsthal.
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Anno edizione:2011
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Elena Canu 09 marzo 2017
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