Il connubio newyorkese del nostro Sufjan Stevens con il connazionale Angelo De Augustine è un segnale incoraggiante per un anno, il 2021, che è stato davvero irto di insidie e problemi. Ed è un impatto sonoro alquanto intrigante quello prodotto dal duo di eccezione tra soavi melodie e ispirazioni cinematografiche. In questi anni, le melodie e le atmosfere create da Stevens hanno condotto una parte della critica a coniare un nuovo genere: Folk Chamber. Con ciò considerando certe attitudini melodiche o inclini alla musica classica contenute nei vari dischi di Sufjan Stevens quali elementi predominanti all'ascolto. E con questo nuovo lavoro tanti hanno scomodato nomi del calibro di Nick Drake, Elliott Smith e, finanche Simon and Garfunkel per recuperare esempi o riferimenti del passato che potessero dare qualche idea rispetto alle radici della musica che Stevens e De Augustine sono riusciti a regalarci. Ma sono anche i testi, dai contenuti di grande introspezione e obbligata meditazione, a scoprire certe matrice religiosa e filosofica per questa importante opera che possiamo registrare nel mondo della musica alternativa. Musicalmente come riferimenti sono forse più probabili, giuste le coralità dei brani, da accostare recenti produzioni dei Fleet Foxes e, se volessimo scomodare certa genitorialità d'eccellenza per il folk d'autore, non sarebbe sacrilego riportare alcuni nomi del passato quali Incredibile String Band o Fairport Convantion. L'insieme dei riferimenti costituisce un assemblaggio di grande qualità e dona valore di sicuro rilievo al Disco che consiglio vivamente di ascoltare e di acquisire nelle discografie non solo degli amanti della Folk Music.
