Blu di metilene
È possibile il ritratto di una città? Certo che sì, ce l’ha insegnato Calvino. Blu di metilene è il più bel ritratto di Asilah, abitata e visibile su una costa dell’Atlantico. Ma ancor più è il disegno di una città visionaria, la mitologia di un viaggio che Francesco Tarquini fa nell’umano e nella scrittura. Allo stile affabulatorio non sfugge il dettaglio. Incontriamo figure di scrittori come Edmond El Maleh, di artisti quale Khalil El Ghrib, o di cittadini esemplari della storia e del pensiero. Merito di Tarquini è quello di essersi immerso nell’onda viva di Asilah e di averne assimilato e cantato l’essenza in un continuum di passato e presente che si fondono. Si esplora qui il tempo più che lo spazio. Il fluire diventa la forma del tutto, a tratti per lampi la città piano si scopre. Chi è la passante silenziosa che si palesa e percorre i vicoli nella calura e in essi si dilegua senza che mai il narratore possa vederla in viso? È lei forse il mistero. Ne ha la natura sfuggente, ma possiede anche – vera Sheherazade – la capacità di restituire vicende e destini che si perdono, tornano; di rivelazioni nelle quali non è la città che infine si svela, ma l’anima di chi scrive.
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Edizione:10
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