Un'altra inchiesta di Maigret in cui la profonda volontà del commissario di "comprendere senza giudicare", emerge con tale evidenza da non lasciare dubbi circa le intenzioni dell'autore. L'ultima parte del romanzo, dopo il ritorno di Maigret da Tolone, con la domenica trascorsa dal protagonista in compagnia della moglie, e con l'interrogatorio di Angele Louette, è di straordinaria verità umana. Ancora un altro romanzo sulla pietà di Maigret, riparte da una situazione simile a quella del romanzo 'Cecilie è morta'. Sono storie sul senso di colpa di Maigret per non aver preso sul serio delle vecchie matte. Credo che qui Simenon. ormai vecchio, stia facendo pace con i suoi fantasmi, specie quello della madre, comincia a capirla, a perdonarla, come Maigret assolve la povera sciabola coinvolta nella brutta storia.
La pazza di Maigret
«Sembrava ancora più piccola mentre gli trotterellava accanto». «“Vede, commissario, la cosa più importante è che lei sappia che non sono pazza. So come i giovani considerano le persone anziane, e io sono una donna molto anziana”». «“Ha ottantasei anni, giusto?”». «“Vedo che il giovanotto che mi ha ricevuta le ha parlato di me. È parecchio giovane per il mestiere che fa, ma è molto beneducato e gentile”». «“Era tanto che mi aspettava, qui sul lungosenna?”». «“Dalle sei meno cinque. Pensavo che uscisse dall'ufficio alle sei. Ho visto andar via parecchi signori, ma lei non c'era”». «Sicché era rimasta per un'ora intera ad aspettare, in piedi, sotto lo sguardo impassibile degli agenti». «“Sento di essere in pericolo. Ci sarà pure un motivo se qualcuno entra in casa mia e rovista fra la mia roba”». «“E come lo sa che rovistano fra la sua roba?”. «“Perché non la ritrovo al posto giusto. Io sono una maniaca dell'ordine. In casa mia ogni oggetto ha il suo posto preciso da più di quarant'anni”». (Le inchieste di Maigret 73 di 75)
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Renzo Montagnoli 29 settembre 2012
C’è una vecchina, minuta come uno scricciolo, che si aggira intorno al Quai des Orfèvres; guarda, sembra che abbia paura a entrare, ma poi si decide e chiede al piantone del Commissario Maigret. Dice che ha una comunicazione della massima importanza. La prendono per una un po’ giù di testa, per un mitomane e non acconsentono alla sua richiesta. Tuttavia, un giorno, Maigret, che era stato informato di questa strana visitatrice, s’imbatte in lei all’uscita del lavoro e questa, calma e decisa, gli comunica che da un po’ di tempo, quando ritorna a casa, trova degli oggetti spostati. E abita sola, e non ha né cane né gatto. Il commissario è indeciso, è ancora in buona parte convinto di avere di fronte una mitomane, ma gli occhi grigi e dolci contrastano con questa ipotesi. Sì, passerà a fare una visita, le dice, passerà domani. Ma il giorno dopo viene rinvenuta cadavere, morta per soffocamento, nel suo appartamento. Maigret quasi si sente in colpa e visitando il luogo del delitto vede l’ambiente di una persona sola, due volte vedova, ordinata, pulita e che attendeva l’arriva dell’ultimo tramonto. Per quanto manchino indizi, il commissario s’impegna allo spasimo, conosce i pochi parenti, una nipote mascolina e decisamente brutta, pure lei sola e che paga gli uomini per un po’ di convivenza, il figlio che lei ha avuto senza contrarre matrimonio, un ragazzo un po’ hippy, ma che, a dispetto delle apparenze, è una brava persona, innamorato solo della sua musica e della sua chitarra; conosce pure il Lungo, l’attuale compagno della nipote, già noto alla polizia per essere un balordo, un magnaccia, un malavitoso di terz’ordine. Le indagini si svolgono fra Parigi e Tolone, città in cui Maigret s’incontrerà con un noto gangster, ormai a riposo, da cui scoprirà la verità. Romanzo di solitudini, che stridono come le corde di un violino sotto un archetto eccessivamente premuto, fatte però di drammi silenziosi, di passi perduti, di ore sempre uguali, La pazza di Maigret ci mostra ancor di più il volto umano del commissario, la sua capacità di mettersi nei panni degli altri, di assumere in sé dolori mai leniti. La lettura è quindi senz’altro consigliata.
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