Sobrio, indomito, luminoso viene definito dal risvolto di copertina questo libro di memorie in cui l’autrice racconta la propria esistenza, sottoposta prima alla deportazione nazista dalla Cecoslovacchia, a cui riesce fortunosamente a sopravvivere, e poi all’asfissiante oppressione comunista, una volta ritornata in patria, che porterà all’arresto e all’esecuzione del marito, costretto a una delle tante confessioni farsa. Proprio così. Sobrio perché il racconto colpisce per il pudore e la nettezza , pur conservando tutta la drammaticità degli eventi narrati (bellissimo e straziante l’ultimo colloquio con il marito in carcere). Indomito per la mancanza di ogni vittimismo e autocommiserazione. Luminoso per la dirittura morale mai ostentata ma sempre mantenuta nelle privazioni e avversità.
