Un racconto breve ma non per questo privo di significato, che ci trasporta in una realtà contadina fatta di cose semplici, di duro lavoro e magre ricompense. Ognuno ha il suo compito da portare a termine per potersi guadagnare il pane, nessuno escluso, neppure la piccola Canituccia. Lei deve far sì che il maialino di casa, Ciccotto, torni a casa sano e salvo ogni sera, dopo la passeggiata quotidiana. È questo l'incarico che le ha affidato la sua tutrice, l'anziana contadina che l'ha accolta in casa, con non poche rimostranze. Essendo la bimba il frutto di un amore proibito e peccaminoso, non può che essere considerata una mela marcia, che non fa che combinare guai, e che necessita perciò di rimproveri e sculacciate. Canituccia cresce così, con tante responsabilità sulla sua schienuccia di uccellino, e senza un briciolo d'amore. Se non contiamo ovviamente il maialino, l'unico amico, l'unico che sembra tenere a lei. Ciccotto e Canituccia trascorrono insieme le giornate, crescono di pari passo, tra risate e bizzarre litigate, fino al fatidico e tragico momento, che ahimè, potete immaginare. La piccola, troppo ingenua per capire le dinamiche del mondo e la ricerca del mero profitto, non riesce proprio a capacitarsi che il suo compagno di scorribande sia solo il piatto succulento da servire per le feste. Lo hanno affidato a lei, non perché se ne prendesse cura, non per placare la sua solitudine. Hanno fatto in modo che lei lo amasse, per poi essere destinata a perderlo, nel peggiore dei modi. Un finale cruento, fatto di particolari sanguinosi e ripugnanti. Un finale che segna e che fa capire a noi lettori, e soprattutto alla povera protagonista, che il mondo non è un posto per i puri di cuore.
