Carlo Porta poetta ambrosian
Nel 1853 Manzoni si divertiva a leggere agli amici le poesie di Carlo Porta: «ha fatto ridere già due generazione» diceva, «ne farà ridere ancora molte, era un uomo che inclinava alla malinconia, ed essendo così pungente, ardito e avventato nei suoi scritti, era poi di una timidità d’animo strana». Una testimonianza preziosa, che in poche parole rivela la duplice natura dell’Omero milanese: il carattere socievole, la sua umanità, la buona educazione, l’attaccamento alla famiglia e al lavoro da una parte; dall’altra la fantasia scatenata in satire feroci contro i prepotenti e i parassiti del tempo, nobili oziosi, religiosi senza religione, damazze ignoranti. E la sua grande pietà per per i poveri e per gli umili, come Giovannin Bongee, la Ninetta del Verzee e il Marchionn. Senza dimenticare le sue poesie “civili” sui disastri degli occupanti stranieri, francesi o austriaci che siano. Come scrive il suo maggior studioso, Dante Isella, Porta ha avuto la ventura di vivere « in una di quelle epoche che, per la storia degli uomini, contano più di secoli: in una città per giunta, che si trovò ad essere attivamente partecipe dei grandi avvenimenti da cui in breve tempo le strutture della società europea uscirono trasformate».
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Anno edizione:2025
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