Carriers. Contagio letale

In questo piccolo film mai uscito nelle sale un gruppo di quattro ragazzi cerca di sopravvivere in un mondo devastato da una malattia che fa apparire macchie rosse sul corpo non troppo dissimili alla peste di qualche secolo fa: bisogna seguire regole ben precise per non infettarsi, la prima delle quali è evitare il contatto con gli infettati. Mi aspettavo l'arrivo di qualche eventuale zombie o di qualche predone stile Mad-Max. Ma il film dei promettenti fratelli Proyers si concentra invece sul rapporto tra i quattro protagonisti, le loro tensioni e la loro umanità, in mezzo al nulla e a qualche sfortunato incontro. Sono due ragazzi e due ragazze, ma la storia è principalmente focalizzata sul rapporto tra i due maschi, fratelli di cui vediamo già all'inizio filmati in super-8 della loro infanzia, in stile Martyrs. Non è un film adrenalinico, ma desolante, il cui modello letterario più che Matheson sembra il McCarthy de "La strada": in Carriers ogni uomo è lasciato al proprio destino, solo, come dice il protagonista (Lou Taylor Pucci) in uno dei momenti migliori del film. Bella anche l'evoluzione caratteriale dei protagonisti: la sceneggiatura tra l'altro è incisiva, dalla struttura 'circolare' e con alcuni momenti di sana angoscia. Per chi è fan del genere apocalittico è dunque un film assolutamente consigliato anche se durante tutta la visione si ha la leggera impressione di assistere a qualcosa di già visto, nonostante il coraggio dimostrato da registi e sceneggiatori in alcune scene (vedi la scena di un suicidio collettivo a cui assistono i protagonisti nella prima mezz'ora). Azzeccato il cast, con il Chris Pine di "Star Trek" e l'affascinante Piper Perabo di "Prestige" e "Coyote Ugly". Forse fin troppo bella la fotografia per un film che avrebbe richiesto colori più grigi e scuri. Ad ogni modo questo esordio fa ben sperare per il futuro dei fratelli Proyers.