È una questione di responsabilità: sapersi esprimere sia in forma orale che scritta è un atto doveroso all'interno di una società imperniata di relazioni umane. Ed è anzitutto, un atto doveroso per le istituzioni che, in virtù della loro funzione rappresentativa, dovrebbero rendere le leggi, i provvedimenti e le sentenze più chiare, precise e lineari, nonchè di immediata comprensione alla maggioranza delle persone. Invece, spesso accade il contrario e pure la trascrizione di un verbale di interrogatorio avviene attraverso l'utilizzo dell'antilingua (come definita da Calvino), cioè di una lingua che trasmette superiorità, potere e autorità, non corrispondente alla realtà. Carofiglio infatti, a riprova della sua tesi e a titolo esemplificativo, offre alcuni spunti tratti da provvedimenti o sentenze o verbali dove si nota proprio un linguaggio forbito, spesso incomprensibile e pieno di espressioni rindondanti e pleonastiche, pressoché inutili. L'autore mostra come sia possibile esprimere lo stesso concetto attraverso un uso stilistico più concentrato e sobrio che non vuol essere affatto superficiale ma che anzi, vuole e deve parlare ai diretti interessati. Se nei testi poetici e narrativi l'uso di metafore è consentito nella misura in cui queste servono ad esprimere concetti altrimenti indicibili, ciò non può essere consentito nell'ambito politico o giuridico dove la chiarezza è necessaria. È chiaro che i termini tecnici debbano essere utilizzati anche in questo ambito come in tutti gli ambiti professionali e settoriali, ma è altrettanto vero che ciò non giustifica l'intento manipolatorio o ambiguo che si cela dietro quei periodi infiniti o espressioni metaforiche spesso usate solo per ottenere consensi immediati. Ma comunicare in modo efficace e onesto è tutt'altra cosa. In conclusione, tutto sta nella parola: "dare il nome giusto alle cose può essere un gesto rivoluzionario". Voto: 10/10
Con parole precise. Manuale di autodifesa civile
Le parole possono chiarire o confondere, costruire realtà condivise o generare illusioni tossiche. Occuparsi del linguaggio e della sua qualità non è dunque un lusso da intellettuali o una questione da accademici. È un dovere cruciale dell’etica pubblica. In questo libro Gianrico Carofiglio ci guida dentro l’officina della comunicazione politica e civile, mostrando come slogan, metafore e cornici linguistiche possano diventare strumenti di manipolazione o, al contrario, di liberazione. Partendo da esempi concreti – dai comizi di Trump alle retoriche dell’odio, dalle tecniche della propaganda alle parole oscure del diritto – Carofiglio insegna a riconoscere le trappole del linguaggio e a disinnescarle con chiarezza, rigore e immaginazione. Questa nuova edizione, aggiornata e ampliata, si presenta come un vero e proprio manuale di autodifesa civile: un invito a esercitare il pensiero critico, a scegliere le parole giuste, a non cadere nell’ipnosi della lingua manipolata. Perché la qualità del discorso pubblico è la qualità della nostra democrazia. “Dare il nome giusto alle cose può essere un gesto rivoluzionario.” Le parole non sono mai neutre. Saper distinguere quelle che mistificano da quelle che illuminano significa difendere lo spazio comune della verità e della democrazia.
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Lingua:Italiano
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Valentina 22 novembre 2025Chiunque dovrebbe leggerlo!
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Valli 12 novembre 2025un bel “regalo”
Che l’autore avrebbe dovuto mandare autografato ed omaggio, ad ogni politico che abbiamo al governo. In particolare all’attuale ministro della Cultura. Non si finisce mai di imparare…😌
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Pancef 11 novembre 2025Le giuste parole
Che penna assolutamente delicata è quella di Carofiglio. Le parole hanno un peso e il clima avvelenato che respiriamo in questi nostri tempi turbollenti è la dimostrazione di quanto abbiamo bisogno di alleggerire prima di tutto il dialogo
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